È morto all’età di 82 anni Sante Notarnicola, ex terrorista, scrittore e poeta. In ambito criminale deve la sua notorietà alla banda Cavallero, di cui entra a far parte nel 1963. La banda, guidata da Pietro Cavallero è fortemente politicizzata verso l’estrema sinistra e i movimenti anarchici. Opera tra Milano e Torino compiendo una ventina di rapine, nel corso di una delle quali viene ucciso il medico Giuseppe Gajottino. Nel settembre 1967 la banda assalta una filiale del banco di Napoli, a Milano. Le forze dell’ordine intervengono, ne seguono un inseguimento e una sparatoria tra la folla che lascia a terra 3 persone, tra cui un ragazzo di 17 anni. Una quarta vittima spirerà dopo pochi giorni in ospedale. Dopo una latitanza di alcune settimane Cavallero e Notarnicola vengono arrestati il 3 ottobre. Entrambi vengono condannati all’ergastolo, la sentenza viene accolta dagli imputati con il pugno chiuso levato al cielo. La vicenda ispirerà il film “Banditi a Milano”.
Prima comunista, poi anarchico, Notarnicola sarà protagonista di una serie di rivolte in carcere a fianco di altri detenuti per ottenere trattamenti migliori. Gli sarà consentito di tenere in cella carta e penna che userà per scrivere le sue opere. Nel 1972 Feltrinelli pubblica il suo primo libro “L’evasione impossibile”. Seguiranno diversi testi poetici tra cui “La nostalgia e la memoria”. Nel 1995 ottiene la semilibertà e cinque anni più tardi la piena libertà. Tornato libero, gestisce il pub Mutenye, a Bologna, dedicandosi ai più giovani e a numerosi progetti sociali, solidali, culturali.
Notarnicola era nato a Castellaneta il 15 dicembre del 1938. Dopo aver trascorso alcuni anni in un Istituto per l’Infanzia Abbandonata, si trasferì a Torino per raggiungere la madre, nel frattempo emigrata. Nella capitale industriale del Nord iniziò a frequentare gruppi di operai e di ex partigiani e con loro militò prima nella Fgci, poi nel Pci, fino a quando nel ’59 non iniziò con alcuni compagni una serie di ‘espropri’, organizzando rapine in banche e gioiellerie per raccogliere denaro a favore dei movimenti di liberazione nei paesi coloniali. Nel 1978 il suo era il primo nella lista dei 13 nomi indicati dalle Brigate rosse come detenuti da liberare in cambio del rilascio di Aldo Moro.