Un sacerdote, don Vincenzo Caponigro, classe 1933, che produce esposti come una catena di montaggio: alla Procura, alla Corte dei conti, all’Anac, all’Asl. Una struttura polifunzionale progettata e finanziata per diventare una ‘Casa del Pellegrino’ con lo scopo di rilanciare il turismo religioso, e inopinatamente trasformata in centro di assistenza socio-sanitaria dove ha operato una cooperativa, la Ises, priva dell’accreditamento con l’Asl. Un sindaco, Massimo Cariello, che è stato il ‘regista’ dell’operazione e che da quella cooperativa, denuncia il sacerdote, è stato sostenuto elettoralmente. Ecco gli ingredienti del nuovo caso giudiziario che scuote Eboli (Salerno). Comune tormentato, costretto a tornare alle urne per l’arresto e il rinvio a giudizio del suo ormai ex primo cittadino, Cariello, travolto dallo scandalo dei concorsi truccati e indagato per quasi tutti gli appalti assegnati negli ultimi cinque anni, è iscritto nel registro degli indagati anche di questa inchiesta.
Nei giorni scorsi il pm di Salerno, Elena Cosentino, ha chiesto il rinvio a giudizio per Cariello, la cui ricandidatura l’anno scorso ricevette la benedizione del deputato Pd Piero De Luca, il figlio del governatore Vincenzo De Luca, ed altri 23 indagati di abuso d’ufficio, tra ex assessori, ex consiglieri comunali, professionisti che hanno gravitato intorno alle sorti della coop. L’udienza preliminare è fissata a maggio. Rischiano il processo anche Cosimo Pio Di Benedetto, ex vice di Cariello e Giancarlo Presutto, ex consigliere comunale di maggioranza, ora candidato sindaco del Psi di Enzo Maraio. Tra gli indagati ci sono i coordinatori di due costruende liste a supporto di Di Benedetto.
Di questa vicenda, in cui hanno ballato quasi 6 milioni di euro di finanziamenti europei la cui sorte è incerta, si è occupato anche Raffaele Cantone. L’Anac è stata tra i destinatari di uno dei numerosi dossier di don Caponigro, sacerdote dalla penna fluente e instancabile, parroco del Santuario di Sant’Antonio di Eboli, delegato dal Vescovo monsignor Moretti ad accompagnare la dell’albergo religioso. Mai avvenuta.
La storia in sintesi. Nel 2014 la Diocesi e il Comune di Eboli brindano al raggiungimento di un importante risultato: la Regione decreta il finanziamento di 5.800.000 euro di fondi europei per il centro polifunzionale di San Cosma e Damiano da destinare a “Casa del Pellegrino”, come da protocollo d’intesa. Destinazione immutabile per almeno cinque anni. Il progetto e l’opera sono coerenti con il fine. Viene ultimata una struttura d’accoglienza religiosa. Due anni dopo, tra la fine del 2016 e il primo semestre 2017, il sindaco Cariello, il consiglio comunale e la giunta firmano una serie di atti di indirizzo e di gestione per modificare la destinazione dell’opera in struttura socio-sanitaria, e consegnarla alla cooperativa Ises. Il fine sarebbe nobile: salvare i tassi occupazionali di una coop in crisi, che aveva 100 dipendenti poi ridotti a 40, e far proseguire le cure a una ventina di pazienti a loro assegnati.
Ci sono però diverse criticità. Gli atti politico-amministrativi sono mal istruiti, raffazzonati. Mancano pareri tecnici fondamentali. Gli atti di indirizzo sono successivi a missive e contatti ufficiali tra il sindaco e la coop. Che fanno sospettare che la decisione fosse stata già assunta, prima della delibera del consiglio. Ises, soffocata dai debiti, viene smontata e rimontata in una nuova coop che si assume solo il ramo di azienda utile ad andare avanti. Le convenzioni con l’Asl intanto sono scadute. I pazienti, in teoria, dovrebbero essere dirottati altrove.
Intanto Caponigro scrive. E riscrive. A tutti. Denunce, esposti, dossier. Mezzo metro di carte in altezza. L’Olaf, l’ufficio europeo per la lotta antifrode, ne accoglie le argomentazioni. E così scatta la revoca del finanziamento europeo, sul presupposto che era stato erogato per un utilizzo diverso. Una bella rogna. Roba da far piombare il Comune in dissesto, l’opera è ultimata, che si fa? Colpo di scena. Il 13 dicembre 2018 la Regione Campania si rimangia di fatto il decreto di revoca, concedendo un nuovo finanziamento “dello stesso importo, per la stessa opera, allo stesso beneficiario” ma traendolo dal Por-Fers 2014-20, successivo al primo, sottolinea don Caponigro in una denuncia del 2019 al procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo e al procuratore facente funzioni di Salerno Luca Masini. “Un tentativo di speculare o di sanare un abuso con una partita di giro, anch’essa illegittima, o di cos’altro si tratta? Chi quietanzerà l’erogazione del nuovo finanziamento, chi pagherà i danni erariali per la perdita di almeno uno dei finanziamenti che imporrà l’Ue, anche se si è fatto ricorso a due programmi diversi”? Le domande di don Vincenzo sono interessanti e potrebbero incuriosire anche la Corte dei conti.
Per il momento si è mossa la magistratura penale. Con tempi non particolarmente spediti: tra l’avviso concluse indagini del 23 dicembre 2019 e la richiesta di rinvio a giudizio, ha fatto passare quasi un anno e mezzo. Ma Caponigro è sempre lì, a chiedere giustizia: vuole veder nascere la “Casa del Pellegrino”. In fondo ha solo 87 anni, ha ancora tempo per vedere realizzato il suo sogno.