La Fabi ricorda che, in base alle nuove linee guida dell'Eba, se il debitore non è in grado di pagare quelle posizioni saranno classificate come in default. Intanto Bankitalia calcola che 350mila famiglie hanno aderito a moratorie sui mutui e al termine del periodo di sospensione potrebbero avere difficoltà a riprendere regolari versamenti
A fine giugno, quando scadranno le moratorie su quasi 300 miliardi di euro di prestiti bancari, c’è il rischio che 2,7 milioni di imprese e famiglie italiane si trovino sull’orlo di un “sostanziale dissesto finanziario” e in base alle nuove norme Eba vengano classificati in posizione di default. L’avvertimento arriva dal sindacato dei bancari Fabi. Intanto Bankitalia annota che le 350mila famiglie che hanno ottenuto un rinvio del pagamento delle rate dei mutui potrebbero, alla fine del periodo di sospensione, avere difficoltà a riprendere il regolare pagamento, poiché “la loro capacità di sostenere gli oneri del debito dipenderà dalle condizioni dell’economia e dal recupero del reddito individuale”. “È pertanto cruciale definire il termine delle moratorie e distribuirne gli effetti nel tempo”, si legge nella pubblicazione di via Nazionale.
La Fabi allarga lo sguardo anche alle moratorie sugli altri tipi di finanziamenti, che riguardano 1,3 milioni di aziende per 198 miliardi e 1,4 milioni di cittadini per 95 miliardi: in totale, oltre 293 miliardi. La sigla ricorda che a causa di una serie di vincoli approvati dall’Autorità bancaria europea, in vigore da gennaio, il prossimo giugno dovranno essere applicate nuove regole sulla gestione dei non performing loan. Una stretta normativa che ha interessato, tra altro, anche i prestiti sospesi: secondo le nuove regole europee, vanno classificati come esposizioni deteriorate. La consequenziale interruzione delle moratorie, non più prorogabili, comporterà che una quota rilevante dei soggetti con le rate attualmente sospese, in assenza di liquidità necessaria a rimborsare gli arretrati, possa essere classificata dalle banche in posizione di default. Secondo quanto spiega la Fabi la questione riguarda 2,7 milioni di prestiti di clienti che hanno presentato richiesta di sospensione dei pagamenti delle rate sfruttando la possibilità concessa dal decreto legge Cura Italia.
Le norme europee sui crediti deteriorati sono entrate in vigore a gennaio scorso, ma il governo, tra le pieghe normative, è riuscito a estendere la sospensione dei prestiti fino al prossimo giugno, con una norma inserita nella legge di bilancio per il 2021: ulteriori rinvii per l’applicazione delle Linee guida Eba, però, non saranno più possibili. Né sono sufficienti, per evitare il rischio di dissesto finanziario di 2,7 milioni di soggetti, alcuni chiarimenti informali pubblicati recentemente dalla stessa Eba. Per questi motivi il segretario della Fabi Lando Maria Sileoni chiede l’intervento di governo e Bankitalia. Spiega Sileoni: “La moratoria scade a fine giugno e le banche, attualmente, hanno due possibilità: pretendere il pagamento delle rate oppure mettere a sofferenze i clienti insolventi. Con la crisi attuale è impensabile che imprese e famiglie possano ricominciare a pagare i loro debiti. Il problema è serissimo perché impatta socialmente ed economicamente. Se fallisse soltanto il 10% di imprese con i prestiti sospesi, in un istante salterebbero centinaia di migliaia di posti di lavoro”.
Via Nazionale in uno studio ha infatti calcolato che a fine 2020, circa 350.000 famiglie avevano aderito alla moratoria, l’1,5 per cento del totale e il 12 per cento di quelle indebitate. E in questo scenario “è pertanto cruciale definire il termine delle moratorie e distribuirne gli effetti nel tempo”. Si muove anche l’Abi: il presidente Patuelli in un incontro con il commissario europeo Paolo Gentiloni ha spiegato come “il prolungamento e l’aggravamento della pandemia debbano far prolungare i provvedimenti finanziari d’emergenza predisposti per imprese e famiglie”. Il presidente Patuelli ha, quindi, chiesto “che la Commissione europea si esprima a favore del prolungamento delle moratorie che sarebbe sbagliatissimo dovessero già interrompersi a giugno, quando la pandemia ed i suoi effetti economici non sono certo conclusi”.