Per avere organizzato una rete abusiva di raccolta e di trasferimento di fondi dall’Italia all’estero e viceversa, attraverso il sistema dell’hawala – sistema informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull’onore di una vasta rete di mediatori, nato nel mondo arabo e di origine islamica – per un totale di circa 100 milioni di euro dal 2018 fino a poco tempo fa, 16 persone, italiani e egiziani, sono stati arrestati oggi dai militari del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di di Milano. Undici in carcere e cinque ai domiciliari nell’ambito dell’operazione Cash away.
La richiesta di misura cautelare è stata firmata dal gip di Milano Teresa De Pascale, su richiesta dei pm Francesca Crupi e Adriano Scudieri e dell’aggiunto Laura Pedio. I reati contestati a vario titolo sono associazione per delinquere, finalizzata al riciclaggio, frode fiscale e abusivo esercizio dell’attività di prestazione di servizi di pagamento. I trasferimenti di denaro con il sistema illegale e con modalità non tracciabili sarebbe avvenuto, secondo l’ipotesi della Procura milanese, in Egitto, Svezia, Spagna, Germania, Danimarca e Paesi Bassi.
Le Fiamme gialle hanno eseguito pure un sequestro preventivo d’urgenza su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per circa 1,7 milioni di euro. Col blitz è stato smantellato uno “strutturato sodalizio criminale”, con base a Milano e nell’hinterland, organizzato da due “broker ‘hawala’ di origini egiziane e dedito alla raccolta ed al trasferimento di ingenti risorse finanziarie di origine illecita, al riciclaggio del denaro oggetto della abusiva prestazione di servizi di pagamento, all’emissione e all’utilizzo di fatture di operazioni inesistenti emesse da società create ad hoc”.
Il sistema funzionava attraverso “la compensazione di partite finanziarie e l’utilizzazione di ‘codici’, noti solo ai soggetti interessati, che i clienti dovevano comunicare ai broker per dare corso alle operazioni” e a fronte “di tali prestazioni, i broker percepivano una commissione variabile tra il 2 e il 5 per cento”. I broker, tra l’altro, spiegano gli investigatori, “consegnavano le somme di denaro, ricevute in contanti dai clienti, a imprenditori italiani compiacenti”. E questi provvedevano a “disporre bonifici per importi equivalenti a terze società, italiane o estere, indicate dagli stessi clienti” e con un meccanismo di false fatture. Le somme venivano riciclate in varie parti del mondo, in Repubblica Ceca, Malesia, Francia, Danimarca e Belgio. Flussi finanziari per 100 milioni di euro sarebbero stati movimentati su “193 rapporti utilizzati dai membri dell’associazione criminale”. Infine, accertate false fatture per 3 milioni.