In una lettera trasmessa al presidente Gianni Infantino alla vigilia dell’inizio delle partite di qualificazione per i Mondiali di calcio del 2022, Amnesty International ha chiesto alla Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa) di onorare le proprie responsabilità per prevenire, mitigare e rimediare ai rischi di violazioni dei diritti umani relative al torneo in programma l’anno prossimo in Qatar.
Questi Mondiali non potrebbero né potranno svolgersi senza il lavoro migrante, che costituisce il 95 per cento della forza lavoro del Qatar. Dagli stadi alle strade, dall’ospitalità alla sicurezza, lo svolgimento del torneo dipende dalla dura fatica di uomini e donne che hanno viaggiato per migliaia di chilometri per poter mantenere le loro famiglie. Ma troppo spesso questi lavoratori e queste lavoratrici hanno trovato solo violenza e sfruttamento, con costi umani spaventosi, come denunciato recentemente dal Guardian.
Quando la Fifa decise di assegnare i mondiali di calcio del 2022 al Qatar, sapeva o avrebbe dovuto sapere che ci sarebbero stati rischi per i diritti umani, a causa del pressoché totale affidamento del paese sul lavoro migrante. Di conseguenza, la Fifa sapeva o avrebbe dovuto sapere che i lavoratori migranti impegnati in tutti i settori relativi alla preparazione dell’evento sportivo, direttamente legati agli impianti ufficiali o meno, avrebbero sofferto le pene dell’inferno per renderlo possibile.
Sulla base dei Principi guida delle Nazioni su imprese e diritti umani, la Fifa deve assicurare il rispetto dei diritti umani nell’organizzazione e nello svolgimento dei mondiali di calcio, disponendo controlli indipendenti e regolari sui progetti e sugli impianti ed esercitando la diligenza dovuta nell’identificazione e nella prevenzione di ogni violazione dei diritti umani associata allo svolgimento del torneo.
Negli ultimi anni, la Fifa ha fatto passi avanti nell’assunzione delle proprie responsabilità: nel 2017 ha adottato la sua “Politica sui diritti umani” e nel 2019 la “Strategia congiunta di sostenibilità sui mondiali di calcio del 2022 in Qatar”. La Fifa si è impegnata a lasciare “un’eredità di standard e prassi di primo livello per i lavoratori sia in Qatar che a livello internazionale” ma le attuali e continue violazioni dei diritti dei lavoratori migranti mostrano che c’è ancora molto da fare.
Per esempio nel 2020 la Fifa ha dichiarato ad Amnesty International che “la dovuta diligenza giorno per giorno” sui diritti dei lavoratori impegnati nel settore delle costruzioni è esercitata dal Comitato supremo, l’organismo governativo che supervisiona l’organizzazione dei Mondiali di calcio. Questa forma di delega si è dimostrata profondamente fallimentare quando Amnesty International ha scoperto che i lavoratori migranti impegnati nella costruzione dello stadio di al Bayt (valore: 770 milioni di euro) non ricevevano il salario da sette mesi. Mentre il Comitato supremo lo sapeva da quasi un anno, la Fifa ha ammesso di non esserne a conoscenza.
Questa vicenda mostra come le riforme adottate negli ultimi anni siano risultate spesso insufficienti nell’attuazione e rischino addirittura di essere annullate.
Di recente infatti il Consiglio della shura, un organo consultivo, ha presentato una serie di raccomandazioni che, se accettate dal governo, costituirebbero un grave passo indietro, ad esempio reimponendo limitazioni al diritto dei lavoratori di cambiare lavoro e lasciare il paese.