Un anno e mezzo dopo la morte, le richieste di risarcimento inseguono ancora Giovanni Mazzacurati, già presidente del Consorzio Venezia Nuova. L’ingegnere delle tangenti, padre del Mose, l’opera da 6 miliardi di euro per salvare Venezia dall’acqua alta, e protagonista dello scandalo politico-giudiziario, è stato infatti condannato per danno erariale, ma è deceduto in California nel settembre 2019. La Procura Regionale della Corte dei Conti del Veneto, che si è avvalsa della collaborazione del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Venezia, ha ottenuto il pignoramento di beni e disponibilità per un ammontare di oltre 1,2 milioni di euro che sono in qualche modo riconducibili a Mazzacurati. Si tratta di denaro liquido, quote societarie, crediti presso terzi e quote di pensione. In totale si arriva però a 3,7 milioni di euro perché la Procura ha avviato un’azione revocatoria per altri 2,5 milioni di euro, relativa ad altri beni già di proprietà dei soggetti coinvolti e alienati nel quinquennio antecedente alla condanna erariale che risale al dicembre 2019, quando Mazzacurati era già morto. In quell’occasione, in solido vennero condannati anche l’ex vicepresidente Alessandro Mazzi e il Consorzio stesso, per una somma complessiva di 6,9 milioni di euro.

Questi provvedimenti costituiscono l’ultimo atto delle numerose azioni di responsabilità per danno erariale che sono state promosse dalla Procura Regionale nei confronti di amministratori pubblici che furono coinvolti nel sistema delle tangenti, in parte pagate attraverso la creazione di fondi neri grazie a false fatturazioni. La Finanza ha effettuato approfonditi accertamenti patrimoniali e bancari per individuare tutti i rivoli della fortuna accumulata da Mazzacurati. I familiari avevano però rinunciato all’eredità, ritenendola troppo onerosa alla luce del conto ancora da pagare allo Stato. Evidentemente, però, sono state individuate altre disponibilità riconducibili all’ingegnere. Le alienazioni avvenute nei cinque anni precedenti si riferiscono, invece, ad alcune proprietà immobiliari. Non tanto la villa di San Diego, in California, che appartiene alla moglie, quanto una villa a Cortina d’Ampezzo ceduta a un imprenditore qualche anno fa ed ora sequestrata. Queste operazioni sono state ricostruite dalla Finanza, che ha evidentemente ritenuto fossero un modo per aggirare future rivalse dello Stato.

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