Sea of Solitude è un videogioco particolare, sviluppato da Jo-Mei Games e rilasciato inizialmente sul mercato nell’estate del 2019 su PC, Xbox One e Play Station 4, che porta il giocatore in un viaggio introspettivo nella psiche della protagonista Kay, rappresentata da una città allagata dove le emozioni negative come solitudine, sconforto e rabbia sono diventate dei mostri, mostri che possono essere solo sconfitti risalendo alla sorgente del disagio.
Poche settimane fa, ad inizio marzo, grazie alla collaborazione tra il team di sviluppo originale e Quantic Dream è stata rilasciata su Switch una “Director’s Cut” del titolo, che non rappresenta un semplice porting sulla console Nintendo del gioco, ma include anche porzioni delle avventure di Kay rimaste fuori dalla prima pubblicazione. Per l’occasione abbiamo avuto la possibilità di intervistare Cornelia Geppert, la mente dietro Sea of Solitude, nonchè CEO e Creative Director di Jo-Mei:
Il lavoro artistico dietro Sea of Solitude è eccezionale, quali sono state le fonti d’ispirazione per l’artwork?
Ho cominciato la mia carriera come artista di comics a 17 anni, per una serie a fumetti mensile in una comics house tedesca, dove disegnavo personaggi dallo stile artistico franco/belga, come Asterix, quindi uno stile certamente comico e con una tavolozza di colori abbastanza piatta.
Sono cresciuta professionalmente con questi elementi, ma la mia passione privata riguardava sicuramente i manga, come Akira, e gli anime dello studio Ghibli, che ho amato tantissimo, quindi ho chiesto ai programmatori di costruirmi dei tool con Unity, motore che abbiamo usato per la costruzione di tutto il gioco, che mi permettessero di portare il mio background e il mio stile personale da 2d a 3d.
Parlando della trama, Sea of Solitude nasce da un idea o dalle tue esperienze personali?
Sea of Solitude è in parte ispirato alla mia vita e il personaggio principale, Kay, è scritto su di me, sulle mie esperienze e su quello che ho attraversato, ma altri personaggi come il fratellino della protagonista o i genitori non sono basati su di essa. Conosco molte persone che hanno lottato o lottano contro malattie mentali, depressione, bullismo e volevo aiutare così tanto queste persone da sviluppare una sorta di sindrome: non voler pensare ai miei problemi ma contribuire a risolvere quelli degli altri; cosi nel 2014 ho cominciato a scrivere il primo concetto di Sea of Solitude, soprattutto per uscire un po’ dai giochi free-to-play che avevamo creato fino a quel momento. Il primo prototipo era sostanzialmente un Pokémon ambientato in una città allagata nella quale catturavi dei mostri!
In quel periodo conobbi una persona con cui avevo legato molto, ma ogni tanto aveva la tendenza a sparire, non osavo chiedergli perché lo facesse per non peggiorare le cose, ma quando sparì per 2 intere settimane senza riuscire a contattarlo sono stata davvero male; quando finalmente riuscì ad aprirsi con me mi disse che soffriva di depressione clinica, cominciai a studiare i disturbi mentali, intrapresi persino un percorso di terapia per cercare di capire, ma mi addentrai così tanto nella cosa che cominciai a sentirmi malissimo anch’io, come se stessi sviluppando una malattia. Feci quello che fanno tutti gli artisti, cercai di inserire tutto quello che stavo provando nella mia arte, ed è così che quei mostri presero significati più profondi, di dubbio, isolamento e solitudine.
E fu anche così che quel “Pokémon nella città allagata” divenne davvero Sea of Solitude.
Il tuo racconto si collega perfettamente alla prossima domanda. Guardando alla stampa specializzata i voti ricevuti dall’edizione originale di Sea of Solitude sono stati abbastanza altalenanti. Come mai questo particolare trend secondo te? Personalmente penso che questo gioco sia abbastanza difficile da recensire se non hai vissuto almeno alcune delle vicissitudini vissute dalla protagonista”
Sì, esatto, ma noi speriamo che anche chi non ha passato in prima persona questi problemi possa trovarlo intrigante. Abbiamo ricevuto sia mail di persone che hanno provato a capire tutti questi disagi da outsider, trovando il tutto davvero interessante, sia mail da persone che grazie a Sea of Solitude hanno trovato il coraggio di lottare, entrare in terapia, liberarsi dopo anni da un matrimonio violento. Quando ho sentito il bisogno di mettere in un gioco tutti i miei sentimenti non mi sarei mai aspettata questo impatto positivo. È stato tutto molto meglio di quanto potessi mai immaginare!
Parlando del capitolo riguardante il bullismo… Sea of Solitude ha ricevuto un PEGI 12+, ma non pensi che questo gioco, ovviamente con l’accompagnamento di un genitore o un insegnante, possa aiutare anche i più piccoli di 12 anni a empatizzare con le altre persone?
Ho ricevuto una mail da genitori che lo hanno giocato con i figli di 9, 12 anni, non ricordo perfettamente, e che dopo averlo giocato si sono messi a parlare di quello che è successo su Sea of Solitude perché per loro è stata una grande esperienza ed erano così pieni di domande ed è stato molto intenso, ma è stato un caso specifico, non abbiamo creato il gioco per scopi educativi.
Ho sempre creato giochi pensando che forse i bambini non possano capire determinare cose, ma dopo un po’ ho pensato ‘no no, al giorno d’oggi i bambini possono capire e magari hanno amici ai quali queste cose sono successe’, quindi non saprei bene cosa risponderti a riguardo, ma sicuramente i giochi possono aiutare anche i bambini ad aprirsi su determinate tematiche.
Quantic Dream vi ha aiutato sia nello sviluppo che nella distribuzione di questa director’s cut in uscita su Nintendo’s Switch. Come vi siete trovati a lavorare insieme?
Ci siamo incontrati al Gamescom nel 2019 davanti all’Hotel, c’era anche Patrick e abbiamo chiacchierato un po’. Siamo andati subito d’accordo e abbiamo parlato di quanto io fossi una fan di Quantic Dream fin dai tempi di Fahrenheit! Sono anche una grande fan di Heavy Rain!
E Beyond: Two Souls, tutti grandi giochi
Esattamente! E mi sono trovata davanti loro che mi dicevano ‘beh, sai cosa? Anche noi amiamo la tua casa di produzione e amiamo Sea of Solitude e in Quantic Dream ci sono parecchi fan’; abbiamo cominciato a scambiarci varie email e chiacchierare e a un certo punto ci hanno chiesto ‘come mai non avete mai rilasciato Sea of Solitude per la Switch’? Da li alla scelta di rilasciare una versione con tutto quello che avrei voluto mettere nell’ originale il passo è stato breve. È cominciata con una chiacchierata casuale alla Gamescom e dopo qualche mese si è trasformata in qualcosa di unico: abbiamo riscritto tutto ed è stato qualcosa di folle.”
Progetti futuri? La storia di Kay avrà un seguito? Il vostro prossimo progetto ha il nome provvisorio di “Ocean”, puoi accennarci qualcosa?
Non posso dirti niente! Scusami!