Stefano Boeri, 64 anni, come professore di Urbanistica al Politecnico di Milano avrebbe dovuto avere la sua fiala salvavita qualche settimana fa, in grazia di una corsia preferenziale riservata ad alcune professioni, tra cui appunto i docenti. Ma il Covid è stato più rapido
La voce di Stefano Boeri, architetto milanese con casa nel mondo, arriva affaticata, interrotta da brevi colpi di tosse. “Questo virus – afferma l’archistar al Corriere della Sera– è davvero insidioso. Lavora sui punti deboli: si adatta, li attacca, parte da lì per devastarti. La nostra fragilità è la sua forza. Eppure stiamo assistendo a una specie di amnesia collettiva nei confronti di chi è più a rischio. I molto anziani, certamente. Ma anche chi ha patologie respiratorie serie, gli autoimmuni, i malati oncologici gravi, i disabili con difficoltà evidenti. Lo trovo incomprensibile e, per un Paese come il nostro, intollerabile” afferma ricordando “in ospedale l’ossigeno, gli esami, le lastre e l’angoscia perché non miglioravo”.
“Ora – aggiunge – ci serve quel di più di umanità. Confesso -continua Boeri- che ho provato disagio quando una mia assistente di 31 anni, sanissima, ha avuto accesso al vaccino mentre tutta questa gente è ancora lì ad aspettare chissà fino a quando”. Stefano Boeri, 64 anni, come professore di Urbanistica al Politecnico di Milano avrebbe dovuto avere la sua fiala salvavita qualche settimana fa, in grazia di una corsia preferenziale riservata ad alcune professioni, tra cui appunto i docenti. Ma il Covid è stato più rapido.