Il tema non è il se ma il quando. Presto o tardi le banche italiane, e di tutta Europa, dovranno ad affrontare l’ondata di crediti deteriorati, eredità della crisi pandemica. Un fenomeno che si abbatte sul sistema del credito con un certo ritardo rispetto ai tempi della crisi dell’economia reale. Sono i prestiti concessi ad attività e imprese (in misura minore anche alle famiglie) che non vengono più restituiti o lo sono in tempi molto più dilatati del previsto, a causa delle difficoltà finanziarie del debitore. I regolatori ne sono consapevoli e stanno sollecitando le banche a prendere le contromisure necessarie per resistere all’impatto.
Su questi delicati aspetti è in corso una serrata trattativa con Bruxelles e Francoforte. Due le questioni sul tavolo. La prima è la moratoria sulle rate di prestiti e mutui a cui in Italia hanno fatto ricorso 2,7 milioni di soggetti, tra famiglie e imprese per un valore dei debiti “congelati” di quasi 300 miliardi di euro. Lo stop temporaneo fa sì che le banche non debbano spostare parte di questi crediti nella categoria non performing loan e quindi a dirottare risorse a garanzia delle potenziali perdite. Se così fosse si ridurrebbero le risorse del sistema bancario da utilizzare per finanziare la ripresa. La moratoria scade a giugno ed è prorogabile fino a dicembre. L’Associazione bancaria italiana preme per la proroga e si oppone a ipotesi di modifiche più restrittive nelle regole di contabilizzazione.
“La crisi pandemia ha esacerbato il rischio di un’ulteriore accumulazione di crediti deteriorati (Npl) facendo peggiorare la qualità dei crediti, e “ora c’è un rischio ulteriore di gravi shock improvvisi che le misure di sostegno pubblico inizieranno a venir meno”, ha affermato oggi Andrea Enria, responsabile della viglianza della Banca centrale europea. Enria ha parlato in occasione della presentazione del rapporto bancario sulla vigilanza della Bce in cui si legge anche che “Rinviare fino alla scadenza delle moratorie la riclassificazione e l’adeguata copertura (degli Npl, ndr) porterebbe a shock improvvisi, a una più drastica riduzione della leva finanziaria, e di conseguenza a una pro-ciclicità amplificata”. In sostanza un modo per dire che le banche devono muoversi in anticipo, rafforzato patrimoni e mettendo in sicurezza i bilanci prima che arrivi la tempesta. “E’ importante garantire che ci sia un percorso chiaro e rapido verso l’Unione bancaria e la creazione dell’Edis” il sistema europeo di garanzia sui depositi”, ha aggiunto il responsabile della vigilanza ricordando come “Ci siano banche non sostenibili nel medio e lungo termine” ed è per questo “che vedo fusioni e consolidamenti “, un fenomeno simile a quanto avvenuto dopo la crisi in settori come la siderurgia e l’auto.
L’altro aspetto su cui le banche italiane stanno facendo pressing sul governo è quello del rinnovo della Gacs in scadenza a maggio. L’Associazione delle banche italiane (Abi) chiede che vengano prorogate per altri 12 mesi. Le Gacs sono le garanzie fornite dal Tesoro, dietro pagamento, sulle tranche senior di cartolarizzazioni di crediti deteriorati. Un passo alla volta. Una possibilità che hanno le banche per alleggerire il peso dei crediti deteriorati è quello di cartolarizzarli. Cosa significa? Viene creata una società ad hoc che compra dalla banca questi titoli. Dove trova i soldi? Emettendo obbligazioni sul mercato che in genere sono di tre tipi: senior, mezzanine, junior. Le prime hanno la precedenza nei rimborsi e sono quindi meno rischiose. I soldi per pagare interessi e rimborsi su questi titoli arrivano dai crediti deteriorati che vengono gradualmente e in parte rimborsati. Qual è il vantaggio per la banca che mette in piedi tutta questa operazione? Quello di togliere dai suoi bilanci i crediti malati e quindi liberare parte del suo capitale che altrimenti rimane vincolato a garanzia delle possibili perdite su questi prestiti.
Le Gacs forniscono una garanzia aggiuntiva sulle obbligazione senior. Quindi ne aumentano la sicurezza per gli investitori che le acquistano. Di conseguenza questi prodotti possono essere venduti a prezzi più alti e con maggiore facilità. Accolte tiepidamente al momento della loro introduzione, le Gacs hanno invece funzionato bene consentendo la cartolarizzazione di crediti deteriorati per 85 miliardi di euro. Una banca può disfarsi dei suoi crediti malati anche vendendoli a società specializzate. Naturalmente però ad un prezzo molto più basso rispetto al loro valore originario (nell’ordine del 20-30%). In tal caso la banca si libera del fardello ma, a quel punto, è costretta a scrivere la perdita a bilancio.
Va detto che uno dei modi che una banca può usare per rafforzare la sua solidità è quello di non erogare dividendi ai soci. Su questo punto la Bce ha invitato le banche (e un invito di Francoforte è poco meno che un ordine) ha sospendere la distribuzione degli utili. Salvo poi annunciare che la stretta finirà dal prossimo autunno quando gli istituti di credito avranno facoltà di tornare a gratificare i loro azionisti.