Nello stabilimento della Catalent, ad Anagni, ci sono “29 milioni di dosi del vaccino Astrazeneca pronte a partire per il Regno Unito“. La rivelazione de La Stampa, rilanciata da Bloomberg, sta provocando un nuovo scossone nei rapporti tra la casa farmaceutica e l’Unione europea, già deteriorati dopo il mancato rispetto delle consegne previsto nei primi sei mesi dell’anno. Stando a quanto riferito dal giornale torinese, le autorità italiane hanno scoperto l’esistenza di questo stock di fiale in seguito a un’indagine scattata su segnalazione della Commissione europea. Un passaggio confermato in queste ore da fonti citate dall’Ansa: tra sabato e domenica i Nas dei carabinieri hanno ispezionato lo stabilimento su mandato del ministero della Salute. I lotti che Bruxelles ha chiesto al presidente del Consiglio italiano di verificare sono risultati con destinazione Belgio (dove c’è l’ultimo passaggio della filiera del vaccino). Interpellato sulla questione, il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha dichiarato che “sta alla compagnia chiarire quali intenzioni ha”. Nelle ore successive è poi arrivato un comunicato ufficiale dell’azienda. “Al momento non sono previste esportazioni oltre ai paesi Covax. Ci sono 13 milioni di dosi di vaccino in attesa di rilascio del controllo qualità per essere inviate a Covax come parte del nostro impegno a fornire milioni di dosi ai paesi a basso reddito: il vaccino è stato prodotto al di fuori dell’Ue e portato nello stabilimento di Anagni per essere riempito in fiale”, scrive Astrazeneca. Le altre 16 milioni di dosi, invece, sono destinate ai Paesi europei, e “quasi 10” saranno consegnate “entro fine marzo“, cioè nel giro di una settimana. Il saldo avverrà “ad aprile, poiché le dosi sono state approvate per il rilascio dopo il controllo di qualità”.

La casa farmaceutica respinge quindi la ricostruzione de La Stampa. Secondo il giornale la vicenda è emersa a inizio marzo, quando il commissario Thierry Breton ha visitato lo stabilimento di Leida, nei Paesi Bassi, gestito dalla Halix, che insieme a quello belga di Seneffe produce il farmaco sul territorio Ue per conto di Astrazeneca, mentre ad Anagni avviene l’infialamento. Il punto è che l’impianto olandese non ha ancora ottenuto l’autorizzazione da parte dell’Agenzia europea del farmaco. Le dosi che produce, quindi, non possono essere consegnate ai Paesi Ue, tanto che “è molto probabile che in una prima fase siano state spedite nel Regno Unito”, riferisce il quotidiano. Poi, con l’introduzione a fine gennaio del meccanismo di controllo dell’export da parte della Commissione Ue, tutto si sarebbe fermato. Nel frattempo, però, la catena produttiva – avviata a settembre e capace di sfornare 5-6 milioni di dosi al mese – non si sarebbe mai interrotta. Il risultato è che le fiale si sono accumulate nei magazzini: il primo rapporto spedito a Bruxelles – scrive ancora il quotidiano torinese – dice che nei frigoriferi dei capannoni del sito laziale ci sono 29 milioni di dosi del vaccino. Fonti Ue fanno sapere che non tutte sono state prodotte a Leida, ma si tratta comunque di fiale già pronte per essere iniettate e destinate a diversi Paesi extra-Ue (oltre a Gran Bretagna, anche a chi rientra nel piano Covax). Circostanza che Astrazeneca ha in parte smentito, dichiarando che le dosi erano destinate solo a Covax e ai Paesi Ue.

Ma perché lo stabilimento che le ha prodotte non è ancora stato autorizzato dall’Ema? La Stampa riferisce che le istituzione Ue sospettano che il ritardo da parte dell’azienda nel fornire dati e documenti necessari derivi da una tattica per poter garantire al Regno Unito una corsia preferenziale nella consegna delle dosi. La vicenda sarebbe quindi al centro della contesa tra Londra e Bruxelles che va avanti da settimane. 29 milioni di dosi sono uno stock enorme, pari al doppio di quelle che la casa anglo-svedese ha consegnato finora all’Unione europea, capace quindi di colmare i ritardi accumulati nella campagna di vaccinazione. Per i britannici, invece, si tratta di fiale indispensabili per mantenere la velocità raggiunta finora nelle iniezioni e per garantire a tutti la seconda dose del vaccino.

La prima reazione alla notizia – durissima – è arrivata in mattinata da Manfred Weber, presidente del gruppo del Ppe (popolari) all’Eurocamera: Servono “spiegazioni necessarie e con urgenza! AstraZeneca sta immagazzinando decine di milioni di dosi pur non rispettando il contratto europeo”, ha scritto su Twitter, rilanciando un articolo della radioemittente francese Europe1. Questo è inaccettabile. L’urgenza è enorme. Dovremmo rifiutare categoricamente qualsiasi esportazione di Astra Zeneca prodotta in Europa“. Sullo sfondo c’è infatti la decisione della Commissione Ue di rafforzare ulteriormente il meccanismo di controllo dell’export, introducendo i criteri di “reciprocità” e “proporzionalità” con i Paesi destinatari. Un sistema oggi spiegato nei dettagli in conferenza stampa e pensato proprio per evitare che le dosi dei vaccini Covid prodotte sul suolo europeo finiscano in Regno Unito senza ottenere nulla in cambio.

Dalla sua introduzione sono state accolte in totale 380 richieste di esportazione verso 33 Paesi per un totale di circa 43 milioni di dosi. Una sola richiesta di esportazione non è stata accolta, riferisce la Commissione. Le principali destinazioni di esportazione includono Regno Unito (con circa 10,9 milioni di dosi), Canada (6,6 milioni), Giappone (5,4 milioni), Messico (4,4 milioni), Arabia Saudita (1,5 milioni), Singapore (1,5 milioni), Cile (1,5 milioni ), Hong Kong (1,3 milioni), Corea (1,0 milioni) e Australia (1,0 milioni). Il problema, ha ricordato Dombrovskis, è che “l’Unione europea ha esportato nel Regno Unito 10,9 milioni di dosi” di vaccini da fine febbraio, ma dal Regno Unito all’Ue “ne sono arrivate zero”. La presidente Ursula Von der Leyen ha aggiunto che “le strade devono correre a doppio senso. Questo è il motivo per cui la Commissione europea introdurrà i principi di reciprocità e proporzionalità nel meccanismo di autorizzazione esistente dell’Unione. Dobbiamo garantire consegne tempestive e sufficienti di vaccini ai cittadini dell’Unione. Ogni giorno conta”. L’intero dossier sarà discusso anche dai leader dei 27 Stati membri nel Consiglio Ue previsto per il 25 e 26 marzo.

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