“Consentire a un mafioso ergastolano che non abbia mai intrapreso la strada della collaborazione con la giustizia di godere di permessi premio sarebbe un clamoroso arretramento nella lotta a Cosa nostra“. È il commento di Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso a Capaci e presidente della Fondazione che del giudice porta il nome, che interviene sulla questione dell’ergastolo ostativo per i mafiosi sulla quale la Corte Costituzionale si pronuncerà dopo Pasqua. La consulta deve decidere se dichiarare incostituzionale o meno la norma che vieta ai condannati al fine pena mai per fatti di mafia e terrorismo di accedere alla liberazione condizionale, anche se non collaborano con la magistratura. Alla vicenda è stata dedicata l’udienza pubblica del 23 marzo, ma la pronuncia della Consulta arriverà dopo il 5 aprile.

“Nella nostra legislazione ci sono punti fermi come l’ergastolo ostativo e il carcere duro che sono frutto del lavoro e dell’esperienza dei tanti servitori dello Stato che al contrasto ai clan hanno dedicato la vita. – spiega Maria Falcone – Indebolire una normativa costata sangue e sacrifici, che ha portato lo Stato a mettere a segno risultati importanti, sarebbe imperdonabile. Sono certa che la Corte Costituzionale, con la sensibilità che da sempre contraddistingue il suo operato – prosegue – nel decidere non dimenticherà le peculiarità delle mafie italiane che ai tempi indussero il legislatore ad adottare leggi come quella ora in discussione”. La sorella di Giovanni Falcone prosegue spiegando che “legare, come vorrebbero alcuni, la concessione dei benefici carcerari a un generico ravvedimento, indipendente dalla collaborazione con la giustizia del detenuto, è un concetto molto rischioso. Come è pericoloso concedere premialità che possono vanificare gli effetti del carcere duro. Solo un mese fa da un’inchiesta della Dda di Palermo ha dimostrato come un capomafia condannato all’ergastolo per l’omicidio del giudice Livatino, al quale erano stati concessi permessi premio, abbia immediatamente colto l’occasione per riprendere le redini della cosca”.

Sulla questione interviene anche Salvatore Borsellino, che invece è il fratello di Paolo e che giudica la posizione dell’avvocatura dello Stato come una “resa incondizionata”, il “pagamento di una cambiale sulla trattativa” e una “diretta conseguenza del cambio di governo. Con il ministro Bonafede e con il governo Conte non sarebbe mai avvenuto”. Quando si era costituita, su input del percedente esecutivo, l’avvocatura dello Stato aveva chiesto più di considerare inammissibile o infondata la richiesta della Cassazione, cioè quella di dichiarare incostituzionale la norma che vieta ai condannati al fine pena mai per fatti di mafia e terrorismo di accedere alla liberazione condizionale se non collaborano con la magistratura. Ieri invece, l’avvocato dello Stato Ettore Figliolia ha invitato la Consulta a emettere una sentenza che in gergo si chiama interpretativa di rigetto: la corte non dichiara incostituzionale la norma sull’ergastolo ostativo, ma riconosce al giudice di sorveglianza il potere di valutare a sua discrezione caso per caso. “Ritengo – dice il fondatore del movimento Agende rosse – sia veramente il colpo di grazia che stanno dando a Borsellino e Falcone dopo averli uccisi. A 30 anni di distanza stanno pagando la più grande e grossa cambiale prevista dalla trattativa”. Il fratello del giudice ricorda come l’abolizione dell’ergastolo ostativo fosse “la più importante richiesta inserita da Riina nel papello e oggi – dice – questa è la più grande resa da parte dello Stato. Una resa incondizionata”. Secondo il fratello del giudice assassinato in via d’Amelio, poi, il cambio di linea dell’avvocatura dello Stato “è una diretta conseguenza del cambiamento del governo perché l’Avvocatura dello Stato che prima aveva dichiarato incostituzionale l’abrogazione adesso affida la decisione su permessi e condizionale al giudice di sorveglianza che in caso li negasse sarebbe esposto in prima persona alla vendetta dei mafioso. E di queste cose ne abbiamo viste tante”.

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