Il 30 giugno 2009 Rocco Cristodaro, calabrese di Isola di Capo Rizzuto, commercialista di professione viene sentito come testimone nel processo milanese sugli interessi della ‘ndrangheta all’Ortomercato. All’epoca il romanzo dell’infiltrazione mafiosa a Milano non è ancora stato scritto. Cristodaro, soprannominato il ragioniere, non è imputato. In quel momento però le sue telefonate vengono ascoltate dalla Squadra mobile che indaga su fatti collegati e che riguardano Cosa nostra. Il giorno prima dell’udienza, si legge negli atti, Cristodaro risulta in compagnia di Cinzia Mangano, figlia di Vittorio, ex stalliere di Arcore nella villa di Silvio Berlusconi. Con loro c’è anche Pino Porto, detto il cinese, proconsole di Cosa nostra sotto la Madonnina. Due indagini, dunque: una sulla cosca calabrese dei Morabito e una su gli eredi di Mangano. A tenerle insieme, c’è in parte anche Cristodaro assieme al fratello Domenico. Entrambi risulteranno depositari della contabilità di diverse società, quasi tutte utilizzate per accedere a finanziamenti bancari o per emettere fatture false.

“Società – si legge nella vecchia ordinanza che nel 2013 coinvolse le figlie di Mangano e altre persone – che (Cristodaro, ndr) metterà a disposizione degli uomini del gruppo Porto-Chilla-Mangano, come negli anni precedenti aveva fatto a favore del gruppo Morabito”. I fratelli usciranno indenni da quel primo tsunami giudiziario nonostante la concretezza dei rapporti. Società come scatole cinesi e fatture false. Di questo si è sempre occupato Rocco il “ragioniere”. Tanto che nel 2016 subirà un sequestro per 5 milioni di euro legato non ai suoi rapporti con i clan ma a un’importate evasione fiscale. E così ecco che dieci anni dopo quei fatti del 2009, Cristodaro lascia gli interessi finanziari legati ad ‘ndrangheta e Cosa nostra, per intraprendere una nuova avventura “criminale”: quella del circuito hawala, una sorta di banca clandestina perlopiù utilizzata in Africa e in Medio Oriente attraverso passaggi di denaro in contante e compensati da una parte all’altra del mondo. Per questo il 22 marzo 2021 Cristodaro è stato arrestato assieme ad altre 15 persone.

L’inchiesta, coordinata dalla Guardia di finanza di Milano, non solo ha individuato il sistema hawala ma ha anche scoperto un inedito doppio livello questa volta rappresentato non più da stranieri, ma da professionisti italiani definiti “pseudo-imprenditori”. Un livello fino ad ora sconosciuto e del quale Cristodaro è definito come vero e proprio “dominus”. Attorno un fiume di denaro la cui origine resta sconosciuta. Cifre alla mano si parla di movimentazioni per 100 milioni di euro. Il solo Cristodaro in meno di un anno movimenterà oltre mezzo milione di euro attraverso 13 conti correnti a lui riferibili. Il denaro accumulato con il primo livello dell’hawala veniva triangolato dall’Italia verso paesi esteri. Così il gip descrive il ruolo di Cristodaro all’interno dell’organizzazione: “Dominus in qualità di pseudo-imprenditore dell’attività finalizzata alla raccolta e trasferimento del denaro proveniente dai broker hawala e organizzatore del sistema di emissione e utilizzo di fatture false emesse per operazioni inesistenti”. Insomma cambiano i giocatori, ma il ragioniere mantiene fisso il punto. Divenendo uno degli snodi principali di questo nuovo sistema hawala.

In sostanza il denaro accumulato con le compensazioni viene trasferito a Cristodaro e ad altri imprenditori che a loro volta tengono fermo il contante, facendo girare i soldi attraverso bonifici e risorse tratte dalle loro società. A questo punto il denaro rimasto fermo, in una terza fase, viene trasferito a soggetti definiti “terzi terminali” che lo triangolano dall’Italia verso l’estero. Il sistema ha dunque protagonisti con ruoli differenti ma connessi tra loro. Quello di Cristodaro, si legge negli atti, “emerge nei quotidiani rapporti tenuti con i collaboratori/prestanome stigmatizzati in numerose conversazioni intercettate dove lo chiamano in causa quale ordinante disposizioni esecutive circa il trasferimento di somme di denaro”. Il ruolo di Cristodaro emerge da una telefonata fatta a Giuseppe Pittella, altro pseudo-imprenditore indagato. Dice: “Vedi dove cazzo sei, chiama William che in questi giorni voglio sistemati tutti i documenti”. L’ex contabile delle Mangano sembra sapere il fatto suo. E del resto il suo rapporto con Cosa nostra viene ricordato dal gip a pagina 274 dell’ordinanza quando segnala che Cristodaro il 24 settembre 2013 “veniva denunciato dalla Polizia di stato di Milano per la violazione dell’articolo 416 bis”. All’epoca si chiamava operazione Esperanza, oggi la nuova frontiera del ragioniere prende il nome di Cash Away.

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