“A carnevale mia mamma mi vestiva da Hitler. Ma come le saltava in mente…” Inizia così Tempesta madre (Einaudi), il nuovo romanzo di Gianni Solla.

Jacopo è figlio di una tempesta scatenata da una coppia incapace di comunicare: padre macellaio che parla in napoletano e madre segretaria che invece usa solo l’italiano. Una donna bellissima che fuma una continuazione, ascolta Rachmaninov, gli fa leggere poesie di Majakovskij e, a carnevale, lo traveste da Robespierre e Hitler. È un bambino particolare, l’incomunicabilità dei genitori spinge Jacopo a trovare rifugio proprio nelle parole, passa ore a scrivere tutto ciò che ascolta e vede, rinchiuso nella cella frigorifero della macelleria del padre.

La scrittura è il modo attraverso il quale il bambino interpreta la realtà, con le parole ferma il tempo e cerca di capire la strana madre che gli è capitata. Una madre amatissima con cui ha un rapporto simbiotico. Un rapporto che cercherà di ricostruire con i ricordi nel momento stesso in cui gli sfuggirà di mano, quando scoprirà che la madre si è ammalata di Alzheimer. Qui il racconto si fa tenero e malinconico, una cifra che pervade l’intero lavoro, insieme a una esilarante ironia.

Jacopo è goffo e impacciato, un uomo che non ha amici e che in generale ha difficoltà a relazionarsi con gli altri. Vive una vita sospesa nell’incertezza di un amore che non riesce a capire e a domare, e l’incapacità di affrontare la malattia della madre a cui cercherà di sfuggire in ogni modo fino al fatidico giorno…

Lo scrittore napoletano approda finalmente al grande editore, senza però perdere il gusto asprigno di cui è impregnata la sua scrittura, ruvida e tagliente. I suoi libri sono per molti, ma non per tutti, come quei sapori che si possono apprezzare solo con l’esperienza. Tempesta madre è un romanzo bellissimo: originale e poetico. Una grande conferma per chi già conosce l’autore di Airbag (Ad est dell’equatore, 2008) e de Il fiuto dello Squalo (Marsilio, 2012). E una bellissima sorpresa per chi avrà la fortuna di avere questo libro tra le mani.

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