Dopo settimane di tensioni (e minacce) la guerra dei vaccini tra Londra e Bruxelles potrebbe avviarsi a conclusione. L’Unione europea – sottoposta quotidianamente a trattative con le case farmaceutiche per il taglio di dosi – il Regno Unito – che si sta dimostrando tra i paesi più performanti nella campagna vaccinale – hanno raggiunto un’intesa nei negoziati svoltisi a Bruxelles sull’impegno a creare le condizioni per “una soluzione vantaggiosa per tutti (win-win)” sulle forniture dei vaccini anti Covid in modo da “espanderne la distribuzione a tutti i nostri cittadini”. La notizia arriva in una nota congiunta della commissione e del premier Uk, Boris Johnson, diffusa a Londra. “L’apertura e la cooperazione globale fra tutti in Paesi saranno la chiave per superare definitivamente la pandemia e prepararsi meglio ad affrontare le future sfide”, riconoscono le due parti, assicurando di voler “continuare le discussione” sui dettagli. Nei giorni scorsi però Bruxelles aveva puntato il dito contro Londra sulla mancata reciprocità. Ieri invece era arrivato l’annuncio del cambio nel meccanismo, oggi approvato.

IL MECCANISMO DI EXPORT – Oggi quindi la Commissione Europea ha introdotto i principi di reciprocità e proporzionalità come nuovi criteri da considerare per autorizzare le esportazioni nell’ambito del meccanismo di trasparenza e autorizzazione per le esportazioni di vaccini anti Covid-19. Secondo il nuovo regolamento, gli Stati membri e la Commissione “oltre all’impatto di un’esportazione pianificata sull’adempimento degli accordi di acquisto anticipato” dovranno considerare la reciprocità e la proporzionalità”. L’Ue sottolinea di “rimanere impegnata nella solidarietà internazionale e continuerà quindi a escludere da questo programma le forniture di vaccini per gli aiuti umanitari o destinati ai 92 Paesi a basso e medio reddito nell’elenco degli impegni di mercato anticipati di Covax”. Dall’avvio del meccanismo, fa sapere l’esecutivo comunitario, sono state accolte 380 richieste di esportazione verso 33 diverse destinazioni per un totale di circa 43 milioni di dosi. Una sola richiesta di esportazione è stata respinta. Le principali destinazioni di esportazione includono Regno Unito (con circa 10,9 milioni di dosi), Canada (6,6 milioni), Giappone (5,4 milioni), Messico (4,4 milioni), Arabia Saudita (1,5 milioni), Singapore (1,5 milioni), Cile (1,5 milioni), Hong Kong (1,3 milioni), Corea (1,0 milioni) e Australia (1,0 milioni).

L’ACCORDO LONDRA-BRUXELLES – La nota è arrivata a fine di una giornata in cui Johnson aveva detto: “Faccio solo gentilmente notare a chiunque stia considerando un blocco sull’esportazione” dei vaccini anti Covid, “o un’interruzione della catena delle forniture, che le aziende osservano queste azioni e traggono le conclusioni” del caso. Le conclusioni delle aziende farmaceutiche, ha proseguito Johnson, sarebbero quelle di domandarsi se fare o meno “investimenti in quei Paesi che impongano blocchi arbitrari”. Poco prima il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis a chi gli chiedeva se la Commissione Europea, con il meccanismo autorizzazione rivisto, sarebbe pronta a bloccare l’export verso il Regno Unito di vaccini prodotti da Pfizer/BioNTech, azienda farmaceutica che consegna regolarmente in Ue, nel caso in cui Londra continuasse a non esportare dosi Oltremanica, aveva risposto “le decisioni concrete verranno prese caso per caso”.

MEMBRI UE DIVISI SU MECCANISMO – I membri dell’Ue – con grandi paesi in sofferenza come Francia e Germania per l’andamento dell’epidemia – erano stati finora divisi sull’inasprimento del meccanismo di monitoraggio delle esportazioni di vaccini anti-Covid. Mentre alcuni grandi Stati, inclusa l’Italia che per prima, e finora unica, ha chiesto e ottenuto di bloccare l’esportazione di 250mila fiale di vaccino AstraZeneca verso l’Australia, sono favorevoli alle modifiche, che puntano ad una maggiore “reciprocità” e “proporzionalità”, altri Paesi, tradizionalmente più favorevoli al libero commercio come Olanda e Belgio, sembravano molto più prudenti. Oggi anche i Paesi Bassi si dicono pronti a “bloccare” l’esportazione di vaccini “se la Commissione Ue lo richiede”. “Bisogna essere misurati nell’interrompere gli scambi internazionali di merci, ma ci possono essere buone ragioni per farlo” ha detto il premier olandese, Mark Rutte, rispondendo a una domanda dei media nazionali sulla revisione del meccanismo per l’autorizzazione all’export presentata dalla Commissione Ue. Il premier è poi tornato sul coinvolgimento dello stabilimento olandese Halix nei contratti stipulati da AstraZeneca con Ue e Regno Unito: “Sostengo la Commissione nei suoi sforzi per ottenere la massima trasparenza”.

Ieri durante una riunione via Zoom con i compagni di partito del gruppo parlamentare Tory Johnson avrebbe detto che l’avidità” propria del “capitalismo” delle aziende farmaceutiche avrebbe fatto gioco al Regno Unito nella corsa ai vaccini anti Covid. Londra avrebbe saputo tener conto di queste caratteristiche, muovendosi per tempo e assicurandosi il rifornimento necessario al “successo” di una campagna vaccinale avviata prima di qualunque altro Paese occidentale, fino alle attuali oltre 30 milioni di dosi somministrate. Downing Street ha tuttavia precisato mercoledì mattina e come lo stesso premier abbia in seguito ripetutamente corretto le sue parole e “ritirato” il riferimento all’avidità di Big Pharma, dopo essersi forse reso conto del potenziale infiammabile della sue (ambigue) battute nel contesto odierno. Mentre ha sostenuto che BoJo in ogni caso non abbia voluto riferirsi all’ipotetico vantaggio contrattuale strappato dal Regno rispetto all’Ue negli accordi con le aziende, bensì al fatto che lo spirito capitalistico e il desiderio di profitto siano stato d’aiuto per tutti: avendo spinto “i produttori a sviluppare più in fretta i vaccini”.

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