Caro Dante, scusa se ti do del tu. E’ che sei una di quelle figure che ci sono da sempre, non so nemmeno quando sia stata la prima volta che ho sentito il tuo nome. Ecco, appunto, sei l’unico che chiamo per nome. Spiego il Leopardi e il Manzoni, L’Ariosto e il Tasso, ma tu sei Dante. Quello che sta sulla moneta da due euro. Se esco in strada e mostro il tuo ritratto al primo che passa, ho la ragionevole certezza di sentirmi rispondere “è Dante”, se lo faccio con un altro poeta a caso le risposte possono variare tra “tuo nonno” e “Severus Piton”.
E ti devo chiedere scusa, sai, perché anno dopo anno provo a spiegarti, ci proviamo tutti. Intendiamoci, non è semplice, sei un tipo impegnativo da spiegare, il tempo è poco, il programma è sempre lì che incalza, e poi c’è da compilare il pof, il pon, il pei, il pai, il pia ed è un peccato. Sono certa che inventeresti un girone apposta per chi le ha inventate, queste cose. Possibilmente con un contrappasso crudele, di quelli un po’ alla Quentin Tarantino che ci piacciono tanto.
Poi ti devo chiedere scusa perché ti riassumo. Ti parafraso. Ti semplifico, ti riduco, ti chiarisco. Ti schematizzo. Sui manuali di scuola sei il “Dante autore” e il “Dante personaggio” e il “Dante narratore”. Con la scusa di questo numero 3 che ritorna, faccio mappe concettuali (il purgatorio per me è un posto dove devo scrivere mappe concettuali per anni ondeggiando sui banchi a rotelle, ma aspetta… forse ci sono già), riempio lavagne intere di appunti che verranno a loro volta riassunti.
Un po’ è colpa tua, perché sei tanta roba (si dice così, oggi, eh lo so, mi dispiace, una vita a nobilitare l’italiano e tu guarda come ci siamo ridotti). Anzi, sei grande grande grande e come te sei grande solamente tu, come canta una signora che, fìdati, ti piacerebbe molto e la metteresti a cantare tra le schiere celesti, ma il più tardi possibile per favore. Pensa che vieni addirittura usato nelle recite scolastiche. Scenette, saggi, versioni in musica, parodie. Riscritture in chiave moderna. Versi trasformati in emoji. Ti presti a qualunque cosa. E se lo facciamo con te è perché, accidentaccio, sei uno dei pochissimi che piace. Sempre. A tutti. Beh, ok, a Beatrice magari no, ma forse è quell’eterna friendzone che ti rende simpatico.
Dici ai ragazzi “facciamo Dante” e loro rispondono in coro “che bello”, guarda che non capita mica sovente, di sicuro non col Petrarca (scusa, Francesco, non volevo farti rosicare ma è la dura realtà, per quel che vale io amo anche te). Sei nell’Olimpo dei più amati, tu, e lo sai. Un po’ come quell’altro, quel cieco che raccontava di una guerra lunga anni, hai presente? Deve essere anche lui in quel vostro Aldilà speciale, come me lo immagino io, dove i grandi della letteratura siedono ai tavoli di un bar affacciato sul mare, bevono gin tonic e ogni tanto ascoltano, scuotendo la testa, tutte le scempiaggini che diciamo in classe quaggiù.
Settecento anni, ormai, che sei lì. Alla salute, Durante detto Dante.