La Fondazione ha monitorato l'andamento della pandemia nel nostro Paese nella settimana dal 17 al 23 marzo. Hanno contato oltre 7mila contagi in meno, un calo del 4,8% "seppur con notevoli differenze regionali". In 12 regioni, però, le terapie intensive hanno superato la soglia critica del 30% di letti occupati, mentre in dieci si è sforato anche il 40% di posti negli altri reparti Covid
Si iniziano a vedere i primi risultati delle restrizioni applicate in tutta Italia, con un lieve calo dei contagi da coronavirus nel Paese. Ma adesso, nel caso in cui la curva dovesse continuare a scendere, il principale problema sarà quello di gestire le entrate dei pazienti nei reparti Covid degli ospedali italiani, dove il numero di posti letto occupati continua ad aumentare, soprattutto nelle terapie intensive. Troppo lente le vaccinazioni, con solo il 19% degli over 80 che è stato immunizzato. È questa la fotografia scattata dall’ultimo report diffuso dalla Fondazione Gimbe sul monitoraggio dal 17 al 23 marzo.
Rispetto alla settimana precedente, gli esperti della Fondazione hanno contato oltre 7mila contagi in meno, passando da 157.677 a 150.033, un calo del 4,8% “seppur con notevoli differenze regionali“, specificano nel report: “Per la maggior parte delle Regioni – spiega il presidente Nino Cartabellotta – è evidente la netta correlazione tra variazione percentuale dei nuovi casi e il ‘colore’ delle Regioni di 3 settimane fa”. Infatti, nella maggior parte delle regioni che erano in zona rossa o arancione o avevano comunque attuato rigorose restrizioni mirate, la variazione percentuale dei nuovi casi è in riduzione: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Molise, P.A. Bolzano, P.A. Trento, Umbria. Viceversa, lo stesso dato è in aumento in Calabria, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto, che 3 settimane fa erano in area gialla o bianca.
Il calo c’è stato anche nel numero di decessi che sono diventati 2.327 contro i 2.522 della settimana precedente, con la diminuzione che è nell’ordine del 7,7%.
Continuano ad aumentare, invece, tutti gli indicatori ospedalieri. Sono 290 i posti in più occupati in terapia intensiva nell’ultima settimana di monitoraggio, un +8,9% che appare ancora più allarmante se si pensa che in 12 regioni italiane il livello di allerta del 30% è già stato superato. Situazione simile a quella riguardante i ricoveri negli altri reparti adibiti alla cura dei pazienti Covid: anche in questo caso, l’aumento registrato è dell’8,9%, con 2.330 pazienti in più e dieci regioni che hanno superato la soglia di rischio del 40% dei letti occupati. A questi si aggiungono i 21.919 in più che si trovano in isolamento domiciliare (+4,3%) e anche una costante crescita (+4,6%) degli attualmente positivi, +24.539. “Nonostante la lieve flessione della curva dei contagi – commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione – peggiora la situazione sul versante ospedaliero, anche perché la terza ondata è partita da un ‘altopiano’ molto elevato di posti letto occupati”.
Negativa anche la valutazione sui vaccini, visto che, a sette giorni dalla fine del trimestre, non erano state consegnate un terzo delle dosi previste e solo il 19,1% degli over 80 è stato immunizzato, mentre il 27,4% ha ricevuto la prima dose del farmaco anti-Covid. Questo fa dell’Italia uno dei Paesi agli ultimi posti in Europa per la vaccinazione delle categorie più fragili, sia a causa dei ritardi che della necessità di vaccinare personale non sanitario e altre categorie.
Al 24 marzo, hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 2,6 milioni di persone (4,4% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 3,4% di Sardegna e Calabria al 5,7% del Friuli-Venezia Giulia. “Sul fronte AstraZeneca – spiega Gili – nessun contraccolpo dopo lo stop della scorsa settimana. Infatti, nelle giornate di domenica 21, lunedì 22 e martedì 23, il numero di somministrazioni ha superato quello dei giorni corrispondenti della settimana precedente”. Ma “questi dati – spiega Cartabellotta – certificano l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo della Commissione europea di immunizzare almeno l’80% degli over 80 entro fine marzo, sia perché la loro vaccinazione è iniziata solo a metà febbraio, sia perché le Regioni hanno dato priorità a categorie non previste dal Piano vaccinale. Il ‘personale non sanitario’ e il non meglio spiegato ‘altro’, le somministrazioni continuano a crescere”.