Forse in un’altra vita Elon Musk è stato un minatore. No, non di quelli che vanno a scavare con l’elmetto nelle miniere, ma di quelli di Bitcoin, le “entità” che estraggono criptovaluta attraverso computer con enormi potenze di calcolo e anche una notevole quantità di dispendio energetico. O magari tra qualche tempo, attraverso un tweet, scopriremo che Musk, anche in questa vita, è già un “miner”. Non dovremmo sorprenderci, vista la sua passione per la valuta digitale dato che non solo l’ha comprata ma adesso anche le sue auto possono essere pagate in Bitcoin. Del resto avrebbe le risorse, finanziarie ed energetiche, per mettere in piedi una società di mining niente male, che potrebbe velocemente contribuire ad arrivare ad estrarre fino all’ultimo Bitcoin, il 21milionesimo. Mancano poco più di 2 milioni di Bitcoin da estrarre, visto che attualmente ce ne sono in circolazione circa 19 milioni. Un numero che cambia circa ogni 10 minuti, quando vengono estratti nuovi blocchi, ognuno dei quali ne mette in circolazione 6,25.

Di questo passo si raggiungerà il tetto massimo di Bitcoin nel 2140. Più passa il tempo, più diventa difficile e costoso estrarli e, anche per questo motivo, l’effetto scarsità può farne salire il valore. L’anno scorso, di questi tempi, un Bitcoin valeva circa 6.000 dollari. Oggi siamo ben oltre i 50.000. E, per arrivare a questi livelli ci ha messo lo zampino anche Elon Musk, con il suo recente acquisto di 1,5 miliardi di dollari nella criptovaluta. Non ha fatto questa operazione a titolo personale, sul proprio conto corrente o deposito amministrato. L’ha fatto con i soldi di Tesla e li ha inseriti nel bilancio. Ha anche spiegato che i pagamenti in criptovaluta saranno trattenuti dall’azienda in Bitcoin e non saranno convertiti in moneta tradizionale.

Se già prima era difficile valutare l’azienda di Palo Alto, visto che ci sono tanti business diversi da considerare – non solo auto ma anche energia alternativa, batterie, servizi e molto altro – da adesso sarà ancora più complicato. Per non parlare della volatilità che Musk, e tutti i suoi azionisti, si sono portati in casa. Le azioni di Tesla sono indissolubilmente legate a doppio filo alle valutazioni dei Bitcoin. Sale una, sale l’altro e viceversa. E, per siglare col sangue questa correlazione diretta, Elon Musk ha annunciato ieri con un tweet che da adesso si potranno anche comprare le sue auto con la moneta digitale. In un primo momento solo in America ma, entro la fine dell’anno, da tutto il mondo. Musk ha annunciato che, per processare i pagamenti in Bitcoin, userà un “software interno” e “open source”.

Potrebbe usare lo stesso per estrarre i Bitcoin, se volesse entrare anche in questo business? Certo si tratta di una decisione epocale, in un momento in cui le Banche Centrali mondiali stanno ancora studiando le monete digitali. Solo pochi giorni fa la Segretaria del Tesoro americano, Janet Yellen, aveva detto che è necessario aumentare la regolamentazione sulle criptovalute considerate un asset “inefficiente nel condurre transazione e altamente speculativo”. La criptovaluta, per effetto di quelle dichiarazioni aveva perso circa il 10% e Tesla poco più del 3%. Per alcuni analisti entrambe sono in “bolla”, per altri continuano invece ad essere cavalli vincenti. Difficile fare previsioni, una cosa è certa: in questo momento Musk avrebbe un grosso cruccio di cui occuparsi.

Il Governo cinese sta restringendo l’uso di auto Tesla perché teme che i dati raccolti da quelle auto, potrebbero diventare pericolosi per la sicurezza nazionale. La Cina è un mercato cruciale per i veicoli elettrici, non solo è già il primo mercato al mondo per le auto a zero emissioni, con oltre il 60% di auto alla spina che vanno in quella parte di Mondo, ma è destinato ulteriormente a crescere. Se le Tesla fossero bandite dalla Cina Musk dovrebbe solo sperare che il suo miliardo e mezzo di dollari in Bitcoin compensi il mancato guadagno. Intanto chi ha comprato Bitcoin l’anno scorso a 6.000 dollari, oggi ha una bella plusvalenza e può comprarsi una Tesla con la moneta digitale.

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