L’assoluzione di tutti gli imputati nel processo Eni-Nigeria, il 17 marzo scorso, da parte del Tribunale di Milano, ha scatenato una specie di onda anomala di polemiche sulla e dentro la procura di Milano. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale (primo e unico magistrato che ha portato a condanna definitiva Silvio Berlusconi per il caso Mediaset, ndr), è finita nel mirino prima di alcuni politici (Matteo Renzi ha dichiarato che “la vicenda Eni grida vendetta”), poi alcuni giornali (Il Giornale titolava per esempio “Ennesimo flop dei pm militanti”). Vero è che in campo c’erano la procura di Milano e il colosso energetico che si sono già duramente confrontati nelle aule di giustizia in passato a anche oggi. Eni proprio oggi è uscita dal caso Congo patteggiando una sanzione di 800mila euro e un risarcimento di 11 milioni di euro concordati col pm Paolo Storari, dopo la riqualificazione del reato al centro dell’indagine da corruzione internazionale in induzione indebita internazionale e la conseguente revoca della richiesta di misura interdittiva per la compagnia petrolifera. Come nel caso Nigeria il cuore del procedimento era una concessione petrolifera.

L’ASSEMBLEA CHIESTA DAI PM – Le turbolenze intorno al Palazzo di giustizia si sono poi spostate all’interno ed è stata chiesta, sabato scorso, un’assemblea di tutti i pm da un gruppo di pubblici ministeri al procuratore capo, Francesco Greco. Richiesta, secondo quando riporta l’Ansa che ancora ieri era stata invocata al quarto piano dove sono collocati gli uffici inquirenti, congelata per i timori di vedere riportati ancora una volta sulla stampa i contenuti. Tra le file dei pubblici ministeri c’è l’esigenza non solo di un confronto sulla vicenda di cui tutti, bene o male, parlano in questi giorni e che sta creando non poche tensioni e spaccature, ma anche di rassicurazioni da parte del procuratore per via del tentativo di delegittimare l’ufficio con le critiche rimbalzate sui mass media. Non è certo la prima volta che i pm milanesi vengono attaccati duramente dall’esterno per inchieste delicate, né è la prima volta che tra le toghe ci sono frizioni o coalizioni.

LA LETTERA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE – L’incontro per alcuni pm è tanto più necessario dopo la lettera che il presidente del Tribunale, Roberto Bichi, ha inviato ai giudici del processo Marco Tremolada, Mauro Gallina e Alberto Carboni, che hanno deciso di assolvere i due gruppi petroliferi, i loro vertici ed ex vertici e l’ex management, perché il fatto non sussiste. Missiva nella quale Bichi ha preso una dura posizione nei confronti dei pm che hanno sostenuto l’accusa nel processo per “la gravità delle insinuazioni fatte circolare“, che hanno messo in dubbio “il carattere di terzietà” del collegio di giudici e che “rappresentano un gravissimo degrado“. Nella lettera Bichi, nel ringraziare i tre giudici “per l’impegno che avete profuso per portare a termine il processo”, aggiunge che i “meriti sono rafforzati” per “aver mantenuto la freddezza e la razionalità necessarie per gestire” un dibattimento così delicato e “la serenità per affrontare la camera di consiglio”, e annuncia anche che “vi sarà modo di esaminare l’insieme delle circostanze una volta acquisito ogni elemento utile, per una valutazione compiuta della vicenda“. In sostanza, il presidente del Tribunale milanese ha chiesto l’accesso agli atti dell’inchiesta per traffico di influenze e abuso di ufficio a carico di ignoti, ora archiviata a Brescia, nata dalla trasmissione da parte dei pm milanesi delle dichiarazioni rese dall’ex avvocato esterno dell’Eni, Piero Amara, nell’inchiesta sull’ipotizzato complotto per depistare le indagini sula compagnia petrolifera italiana. Dichiarazioni che hanno gettato un’ombra sul collegio facendo riferimento a “interferenze delle difese Eni”.

LA NOTA DEL PROCURATORE GRECO – Ieri il procuratore Greco con una nota, invece, è sceso in campo difendendo il lavoro di De Pasquale e del pm Sergio Spadaro. Un appoggio totale perché “nonostante le intimidazioni subite hanno svolto il loro lavoro con serenità, professionalità e trasparenza” nel processo sul caso Eni/Shell- Nigeria che una settimana fa si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati. Una nota che si è resa necessaria proprio in riferimento “ai recenti articoli di stampa sul processo” e che hanno criticato, cercando di delegittimarla, la Procura milanese.

Nella nota Greco ha voluto precisare che “in relazione ai recenti articoli di stampa”, che durante le indagini sulla presunta tangente nigeriana “sono stati imbastiti da un avvocato dell’Eni, presso la Procura di Trani e presso la Procura di Siracusa, due procedimenti finalizzati ad inquinare l’inchiesta” milanese “e a danneggiare l’immagini di alcuni consiglieri indipendenti” della compagnia petrolifera, “segnatamente Luigi Zingales e Karina Litvack; per taluni fatti specifici, gli imputati, tra i quali un magistrato, hanno ammesso gli addebiti e sono già stati condannati. Il procuratore, facendo sempre riferimento all’indagine sul presunto “complotto” ha aggiunto che “nell’azione di inquinamento, chi l’ha ideata e portata avanti ha anche cercato di delegittimare il pubblico ministero di Milano“. Greco, “nel ribadire che in materia di corruzione internazionale l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale è rafforzata dagli impegni assunti dallo Stato italiano con la Convenzione Ocse di Parigi del 1997, è al fianco – conclude la nota – dei colleghi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, i quali nonostante le intimidazioni subite, hanno svolto il loro lavoro con serenità, professionalità e trasparenza”.

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