Nel 2020 si registra un nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia e un massimo storico di decessi dal secondo dopoguerra. Gli effetti negativi prodotti dal Covid hanno amplificato la tendenza al declino di popolazione in atto dal 2015. Lo rileva l’Istat nel report “La dinamica demografica durante la pandemia covid-19- anno 2020”, in cui l’Istituto segnala che al 31 dicembre 2020 la popolazione residente è inferiore di quasi 384mila unità rispetto all’inizio dell’anno, come se fosse sparita una città grande quanto Firenze. Dal 1 gennaio al 31 dicembre 2019 la popolazione residente in Italia era diminuita di quasi 189mila unità. Nel 2020 le nascite sono diminuite del 3,8%: quasi 16mila nati in meno rispetto all’anno precedente. Sono stati iscritti in anagrafe per nascita 404.104 bambini. Il report evidenzia anche il crollo dei movimenti migratori internazionali: -66,3% durante la prima ondata.
I decessi in totale ammontano invece a 746.146, il numero più alto mai registrato dal secondo dopoguerra, con un aumento rispetto alla media 2015-2019 di oltre 100mila unità (+15,6%). Dall’inizio della crisi sanitaria (marzo 2020) a fine anno si è osservato un eccesso di morti del 21% rispetto alla media dello stesso periodo dell’ultimo quinquennio. I decessi Covid sono stati quasi 76mila, il 10,2% dei decessi totali a livello medio nazionale (il 70% dell’eccesso complessivo), spiega l’Istat.
Il Nord, con il 14,5% sul totale dei morti, registra il maggior peso percentuale, il doppio rispetto al Centro (6,8%) e al Mezzogiorno (5,2%). La Lombardia, sottolinea l’istituto, sperimenta il bilancio più pesante in termini di decessi nel 2020: +111,8%. Per tutte le altre regioni del Nord l’incremento dei morti del periodo marzo-maggio è compreso tra il 42% e il 53%. Solamente il Veneto e il Friuli Venezia Giulia si distinguono per un surplus di decessi più contenuto (rispettivamente +19,4% e +9,0%). Al Centro spiccano le Marche che, con il +27,7% di eccesso di morti, si discostano in modo rilevante dall’incremento medio della ripartizione (+8,1%). Nel Mezzogiorno solo l’Abruzzo e la Puglia (+11,6% entrambe) fanno rilevare valori ben al di sopra di quello medio dell’intera area (+5,1%).
“L’impatto differenziale dell’epidemia sulla mortalità (maggiore al Nord rispetto al Mezzogiorno) e la contrazione dei trasferimenti di residenza“, sottolinea l’Istat, spiegano anche le differenze geografiche nel calo della popolazione, che di conseguenza è più accentuato al Nord-ovest. Nel corso del 2020 il Nord-ovest registra una perdita dello 0,7% e il Nord-est dello 0,4%. Il Centro vede raddoppiare in termini percentuali il deficit di popolazione (da -0,3% del 2019 a -0,6% del 2020) mentre il Sud e le Isole, più colpite nella seconda ondata (da metà settembre), subiscono una perdita dello 0,7%, simile a quella del 2019, per effetto della tendenza allo spopolamento già in atto da diversi anni. Anche la provincia autonoma di Bolzano, tradizionalmente caratterizzata da incrementi di popolazione, vede ridurre il saldo totale percentuale. All’opposto le regioni del Mezzogiorno, anche quelle con il primato di saldo totale negativo (Molise -1,3% e Basilicata -1,0%), hanno perdite percentuali più contenute rispetto al 2019. Il report evidenzia anche il crollo del numero dei matrimoni celebrati: 96.687, -47,5% sul 2019 (-68,1% i matrimoni religiosi e -29% quelli con rito civile).
Nel corso del 2020 si contano in totale 1.586.292 iscrizioni in anagrafe e 1.628.172 cancellazioni. Le ripercussioni della pandemia sono state molto rilevanti sui movimenti migratori internazionali. Le iscrizioni dall’estero (220.533 nell’anno 2020), già in calo nel 2019 per la componente straniera, mostrano una diminuzione nei primi due mesi dell’anno (-8,8%) per poi crollare durante la prima ondata (-66,3%) e recuperare lievemente (ma sempre con una variazione negativa) nel corso dell’anno (-23,3% nella fase di transizione e -18,2% nella seconda ondata). Le cancellazioni verso l’estero (141.900 in totale), invece, evidenziano uno slancio di partenze nella fase pre-Covid (+20%), una consistente riduzione durante la prima ondata (-37,3%), una lievissima ripresa durante la fase di transizione (+0,8%) e un ulteriore crollo in corrispondenza della seconda ondata (-18,4%).