Cronaca

Covid, la terza ondata mette in ginocchio Bari: “Un anno fa accoglievamo i malati lombardi, ora tocca a noi soffrire” – Il reportage

Viaggio in Puglia, all'interno delle terapie intensive occupate al 41% e tra le strade del capoluogo, dove la zona rossa è solo un optional. I medici: "Siamo stanchi". I sindacati chiedono più controlli. Il sindaco Decaro ai cittadini: "Non so se andrà tutto bene"

La Puglia annaspa e la provincia capoluogo è piegata da una terza ondata che qui sta mostrando la sua coda più velenosa. A Bari le ambulanze sfrecciano di continuo lungo via Capruzzi, salgono verso il Policlinico, corrono in direzione del Centro di Maxi Emergenza allestito nella Fiera del Levante. Oltre 2mila persone ricoverate, giovedì il numero più alto di ingressi in terapia intensiva di tutta Italia, i sindaci che spingono per misure ancora più dure in vista della Pasqua. Dentro l’hub Covid costruito dove un tempo erano fiere ed esposizioni, il direttore generale Giovanni Migliore arriva subito al punto: “Un anno fa noi andavamo a prendere i pazienti in arrivo dalla Lombardia alle 3 di notte sulla pista dell’aeroporto. Oggi, ecco, sarebbe più complicato. Corriamo, ma come è evidente il virus corre molto più veloce di noi. Il momento è difficile”.

“Adesso l’onda d’urto sulle intensive” – Il più complicato per una regione che fino a settembre aveva salvato la pelle e, dopo aver tenuto botta alla seconda ondata tra mille sforzi, ora è a un passo dal collasso. La zona del Barese è l’epicentro, ma Sars-Cov-2 dà segnali di espansione anche più a sud, da Taranto a Lecce. Lo ‘sentono’ i medici del 118 da quasi due settimane, con i centralini in tilt, e i pronto soccorso in sofferenza da giorni. “E adesso avvertiremo l’onda d’urto in terapia intensiva che solitamente si manifesta una decina di giorni dopo il picco dei contagi”. Bisognerà tenere botta, perché giovedì pomeriggio gli ospedali pugliesi contavano 231 pazienti ricoverati in rianimazione. Un numero mai raggiunto, che significa il 41% dei posti letto disponibili nei reparti dedicati alle persone in condizioni critiche, per qualsiasi patologia, occupati da malati Covid.

I medici: “Troppe leggerezze in zona gialla” – Di fronte alla tac che evidenzia una polmonite interstiziale bilaterale di un positivo 64enne, uno dei meno giovani tra i casi trattati nella Fiera del Levante dove l’età media è crollata rispetto agli scorsi mesi, il dottor Michele De Ceglie, radiologo del Policlinico, si è fatto un’idea di come si sia arrivati a questo stato di pressione sui reparti: “Fuori non c’è ancora piena coscienza di ciò che sta avvenendo, c’è stata troppa leggerezza nel periodo di zona gialla”. In uno degli ultimi week end di minori restrizioni, nelle marine tra Bari e Brindisi erano tavole imbandite e traffico in superstrada verso Polignano a Mare e il Fasanese per godersi il primo sole. La variante inglese, ormai predominante, ha fatto il resto. Adesso, in una via Sparano con qualche capannello e mascherina fuori posto, una delle frasi di Benedetto Croce scolpita dalla casa editrice Laterza e dal Comune tra le panchine avveniristiche sembra riassumere quel che è avvenuto e quanto sta accadendo in una provincia che tra il 18 e il 25 marzo ha registrato 4.850 nuovi contagi, quasi la metà del totale della Puglia, e conta uno dei rapporti peggiori d’Italia tra numero di casi e abitanti: “La libertà singolare esiste soltanto nella libertà plurale”.

Le paure del sindaco: “Non so se andrà tutto bene” – Ha smesso di sgolarsi anche il sindaco Antonio Decaro. Durante il primo periodo dell’emergenza, a suon di “a casa, a casa” sgombrava i parchi cittadini, pochi giorni fa si è detto triste e si è affidato nuovamente al senso civico: “Non vi farò nessun pippone né vi dirò ancora una volta che andrà tutto bene perché anche io sono stanco come lo siete voi di questa situazione e non so se andrà tutto bene – ha scritto – Non vi nascondo che oggi ho paura come forse non ne ho mai avuta”. A mente fredda, riflette il sindaco con Ilfattoquotidiano.it, a “spaventarmi è stato il fatto di aver ricevuto diverse notizie di familiari di persone che erano finite in terapia intensiva e volevano avere notizie tramite me. E tra questi c’erano anche giovani”. Trentenni e quarantenni “che non rispondono alla terapia nei reparti e vengono trasferiti in sub-intensiva”, sottolinea la pneumologa Elisiana Carpagnano, direttrice dell’Utir all’interno dell’hub Covid in Fiera.

I medici: “Siamo stanchi” – “La metà dei miei pazienti ha meno di cinquant’anni, tanti sono più giovani di me. È molto difficile”, riflette mentre la sua équipe passa tra i letti tutti pieni dei due blocchi di semi-intensiva. “Per come abbiamo conosciuto la malattia fino a qualche settimana fa, non dovrebbero essere qui”, dice quasi arrabbiata per quel che vede intorno a sé. “Siamo stanchi, ecco cosa è più cambiato rispetto allo scorso anno”. Il Covid ha stravolto la professione e le loro vite, per certi versi più degli altri: “Siamo sempre qui, dalla mattina alla sera e poi si ricomincia. Ho dei figli piccoli e ho dovuto spiegare loro che devo lavorare. Mi auguro che racconteranno ai loro figli che la mamma purtroppo c’era poco, ma solo perché si è messa a disposizione, con entusiasmo, in un momento difficile perché aveva fatto una scelta preziosa, quella di fare il medico”, dice tutto d’un fiato prima di tornare ai suoi pazienti.

“Tra i nostri pazienti anche volti conosciuti” – Si veste anche un’infermiera. Tutona bianca, calzari, visiera protettiva: la solita routine. “Ma non ci si abitua mai a quello che vediamo”. Non è una questione di esperienza né di età: “L’altro giorno ho riconosciuto un ragazzo che è stato mio paziente quando lavoravo in un’altra struttura. Vedere qui un volto conosciuto, mi ha scossa”, racconta. Il sottotesto è che il contagio diffuso avvicina il Covid alla sfera di conoscenze di ognuno. Fuori, nonostante tutto, la percezione continua ad essere differente. “Le restrizioni sono sempre più difficili da far rispettare, in particolare tra i giovani”, nota Anna Maria Natola, che dirige la centrale operativa del 118 dove da ormai tre settimane si registrano 2mila richieste di soccorso al giorno, il doppio della media. Chi sta sul campo ed entra nelle case dei Covid positivi sostiene che l’epidemia “ci ha investito come un treno, i numeri fanno paura”, spiega il medico Nicola Gaballo, referente 118 del sindacato Fimmg Puglia.

Le richieste di controlli – Le ambulanze sfrecciano sui vialoni della città, mentre lungo la tangenziale della città il traffico è intenso, nei vicoli di Bari Vecchia come nei quartieri residenziali e percorrendo le vie dello struscio, i capannelli di giovani nel tardo pomeriggio non mancano. “Lo sappiamo, proviamo a stare attenti. Ma non tutti ragionano così”, dicono tre ragazzi addentando un panzerotto stretti-stretti su una panchina in piazza Umberto. “Più controlli e ispezioni nei luoghi di lavoro e contro gli assembramenti”, chiede il segretario generale della Cgil Puglia Pino Gesmundo di fronte a una curva che fa fatica a sgonfiarsi dopo oltre una settimana di zona rossa. Sono aggrappati alle restrizioni anche i medici, coscienti che le attività ordinarie non si potranno fermare all’infinito per convertire i reparti. E gli specialisti scarseggiano.

Le polemiche sul maxi-centro in Fiera – Già negli scorsi giorni l’anestesista Antonio Amendola, presidente dell’Aaroi-Emac Puglia, aveva accusato la Regione di aver “lasciato ‘fuggire’ gli specializzandi alla scadenza delle loro borse e ora sono tutti impiegati in altre parti d’Italia, mentre a noi manca personale”. I sindacati hanno rivolto critiche anche all’hub Covid nella Fiera – costato 18,5 milioni di euro, il doppio del previsto, e sul quale indaga la procura di Bari – perché considerato sostanzialmente inutile ad aumentare i posti letto visto che il personale arriva quasi tutto dal Policlinico, al quale è stata affidata la gestione. “Senza entrare nel merito tecnico e medico, mi limito a far notare che dopo la fine della prima ondata abbiamo impiegato diversi mesi a rendere nuovamente sicuri e utilizzabili gli spazi convertiti per il Covid nelle nostre strutture, comprese le sale operatorie. La Centrale maxi emergenze in Fiera consente di preservarli e saranno subito riattivabili man mano che il personale non sarà più necessario qui”, taglia corto Migliore.

L’attesa dell’onda e la stretta in arrivo – “Ci sarebbe piaciuto che la costruzione di questo spazio fosse rimasto uno sforzo inutile – aggiunge – Invece abbiamo assistito a un cambiamento repentino nelle ultime settimane”. Il primo paziente è stato trasferito nella Fiera del Levante lo scorso 15 marzo, poi i numeri si sono gonfiati di giorno in giorno. I 152 posti letto annunciati, ad oggi, restano non tutti attivabili. Ma circa la metà ospitano già pazienti e i numeri sono destinati a lievitare ancora. “Visto l’andamento delle curve, è difficile che ci sia un calo prima di Pasqua”, dicono i medici mentre i sindaci insistono con il presidente della Regione Michele Emiliano per chiedere un nuovo giro di vite che porterebbe a un rafforzamento della zona rossa, avvicinandola al lockdown. Tra le ipotesi allo studio c’è anche lo stop alle messe in vista della Domenica della palme e della Pasqua. Intanto dentro la Basilica di San Nicola risuona solo il rumore degli attrezzi di due operai, nessun visitatore né fedele in preghiera. Decaro si fa forza: “Questa città dopo il vaccino rialzerà la testa. Vedo i cittadini, gli imprenditori e i commercianti pronti a innestare le marce alte per la ripartenza”. Fuori dalla basilica intanto una volante della polizia fa la guardia alla piazza deserta, mentre il suono di un’altra ambulanza arriva da lungomare Imperatore Augusto rompendo il silenzio di una Bari che stringe i denti in attesa che l’onda passi.

Twitter: @Mary_Tota e @andtundo