L’apparente calma nel governo è durata poco. Mentre l’Italia si trova ancora ad affrontare la terza ondata di Coronavirus e mentre ancora si contano circa 400 decessi al giorno, Matteo Salvini ha deciso di minacciare il governo, di cui la Lega fa parte, sulle aperture: “È impensabile tenere chiusa l’Italia anche per tutto il mese di aprile”, ha dichiarato. “Qualunque proposta in Consiglio dei ministri e in Parlamento avrà l’ok della Lega solo se prevederà un graduale e sicuro ritorno alla vita”. Il leader del Carroccio si è quindi appellato “al buonsenso” del premier, proprio mentre arrivava la notizia che almeno per un altro mese non ci saranno zone gialle.
Ma a rispondergli è stato lo stesso premier Mario Draghi poco dopo: durante la conferenza stampa organizzata nel pomeriggio, ha spiegato a Salvini che la decisione viene fatta sulla base di contagi e andamento della pandemia. “Le chiusure sono pensabili o impensabili solo in base ai dati che vediamo”, ha detto. “Le misure hanno dimostrato nel corso di un anno e mezzo di non essere campate per aria. È desiderabile riaprire, la decisione se farlo o meno dipende dai dati”. Quindi, il presidente del Consiglio ha aggiunto che sulle restrizioni “faremo un decreto sulla base di dati disponibili oggi, ma continueremo a seguire questi dati settimana per settimana”. E ha garantito: “Se cambiano i dati non escludo cambiamenti in corsa”. Per il momento, ha continuato ancora Draghi, l’unico piano di riapertura riguarda le classi: “Le scuole riaprono fino alla prima media, il ministro Bianchi sta lavorando perché avvenga in modo ordinato. La volontà complessiva era che, se ci fosse stato uno spazio, lo avremmo utilizzato per le scuole fino alla prima media”. Questo perché, ha detto, “le evidenze scientifiche mostrano che le scuole sono un punto di contagio molto limitato solo in presenza delle altre restrizioni“.
Salvini era già stato ripreso da Draghi il 23 febbraio scorso e proprio sui suoi proclami pubblici per le riaperture. Era la fase appena precedente all’impennata dei contagi in Italia a causa soprattutto della variante inglese e la Lega si faceva portavoce di chi voleva allentare le misure. A quel punto il premier decise di convocare il leader del Carroccio a Palazzo Chigi e, stando alle ricostruzioni, gli chiese esplicitamente di “abbassare i toni” in un momento così delicato per il Paese. Poco prima ad andare dietro al leghista era stato anche il presidente dem dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, facendosi portavoce del desiderio di riaperture a “determinate condizioni”. Un’uscita quantomeno infelice: poco dopo la sua Regione sarebbe stata proclamata zona rossa.