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Brasile, mentre il potere si spacca sullo scandalo Moro il Paese muore

Nel post di due settimana fa, ho commentato l’annullamento da parte del giudice Fachin dei 4 processi a carico di Lula, di cui il primo – riguardante il triplex di Guarujá (SP) – era arrivato a sentenza di condanna sia in primo che in secondo grado di giudizio.

I massimi membri del Supremo Tribunale Federale si erano successivamente riuniti per decidere se Sergio Moro si fosse macchiato o meno di parzialità (suspeição) nei confronti dell’ex presidente. Gilmar Mendes e Ricardo Lewandowski avevano votato a favore della decisione, Fachin e Cármen Lúcia invece contro. A Kassio Nunes Marques toccò l’arduo compito di decidere con il suo voto se l’ex magistrato fosse stato o no parziale, per cui si era preso tempo prima di farlo. Martedì scorso, 23 marzo, Nunes Marques ha votato contro l’accusa di parzialità di Moro, mandando Mendes su tutte le furie.

La pietra dello scandalo

Come in una tragedia greca, con il piglio oratorio che lo contraddistingue – subito dopo il voto inaspettato di Nunes Marques contro la suspeição di Moro – Mendes si è scagliato in una filippica contro l’ex magistrato e Dallagnol, paragonandoli alla Stasi (la polizia segreta della Germania Est) “in versione brasileira”, chiedendo a più riprese a Cármen Lúcia di rivedere il suo voto, fino a “convincere” la magistrata che ha così cambiato la sua decisione originale votando a favore dell’accusa di parzialità.

Fachin dal canto suo non è stato da meno: nel difendere il rifacimento dei processi Lula e il suo voto contro l’accusa a Moro di suspeição, ha paragonato Lava Jato all’inchiesta Mani Pulite dei bei tempi che furono, menzionando Berlusconi e Previti.

D’altra parte Mendes ha tutto l’interesse nel voler deviare l’attenzione dei media su Moro, per stendere un velo sui suoi rapporti sospetti con Aécio Neves, senatore socialdemocratico (PSDB) indagato per corruzione attiva e passiva dalla Polizia Federale che lo inchiodò per una mazzetta di due milioni di reais ricevuta nel 2017 dal Ceo di JBS (il colosso delle carni) Joesley Batista, denunciata dallo stesso impresario.

La PF riscontrò sul cellulare sequestrato a Neves ben 46 chiamate WhatsApp intercorse tra il giudice e il senatore. Fu impossibile per gli inquirenti decriptarne il contenuto, in quanto Neves, sospeso temporaneamente, venne reintegrato nella sua carica dopo una votazione interna a STF promossa e vinta da Mendes per 6-5 (Neves è tuttora protetto dal Foro Privilegiado) che delegò poi al Senato la decisione ai fini del suo reintegro.

Tornando a Moro, sarà il giudice Fux, nuovo presidente STF, a decidere se sottoporre a nuova votazione presso il Plenario la parzialità di Moro. In tal caso, sarebbe estesa a 11 giudici, tra cui di nuovo i 5 che hanno già votato. La votazione al Plenario per confermare o meno l’annullamento dei processi di Curitiba a carico di Lula è stata fissata per il 14 aprile, mentre negli ambienti politici si vocifera su un possibile trio di candidati con MBL (Movimento Brasil Livre) partito di ispirazione liberale, composto proprio da Moro, Luiz Mandetta ex ministro della Salute, e Danilo Gentili, showman noto per la sua irriverenza nei confronti del sistema.

Mentre giudici e politici indulgono nelle loro stucchevoli rappresentazioni teatrali, il Brasile muore, letteralmente: martedì scorso, si è registrato il record (finora) delle vittime di Covid, la cui variante nazionale si sta dimostrando più letale del virus originale. In sole 24 ore, 3.251 nuovi decessi, di cui un terzo solo nello stato di São Paulo. Tutto ciò con le strutture sanitarie al collasso in quasi tutta la nazione; la capitale Brasilia sta ancora reggendo, poiché lì come ho constatato durante il mio soggiorno il protocollo sanitario è inflessibile, ma già nella periferia di Ceilândia il quadro peggiora. A oggi gli óbitos in Brasile hanno superato le 300.000 unità. Una cifra agghiacciante. Bolsonaro intanto continua con le sue dichiarazioni demenziali che tutto è sotto controllo, e “presto” si tornerà alla vita normale.

La settimana scorsa c’era stata una proposta da parte di una deputata del PSL (Partido Social Liberal) di far interdire Bozo per “incapacità mentale” contando sul fatto che Hamilton Mourão, il vice presidente, facendo parte dello stesso partito avrebbe potuto acconsentire. Mourão, ex generale con discendenza india, pur avendo appoggiato la dittatura militare, ha però mantenuto inaspettatamente un profilo più moderato durante questi anni, per cui non se l’è sentita di compiere un gesto così estremo.

D’altra parte, se Bozo rimane una sciagurato, è pur vero che laddove il lockdown è stato praticato sovente fin dall’inizio della pandemia, i risultati hanno sortito l’effetto opposto, e São Paulo, governato da Doria, lo dimostra con le sue cifre macabre. Il che ha una spiegazione logica: in un paese dove oltre la metà della popolazione vive ammassata in favelas e agglomerati urbani oltretutto senza allacci fognari, questa promiscuità non fa altro che favorire la diffusione del virus.

Se si considera poi che questa gente ogni mattina si accalca dentro bus sovraffollati per andare sul posto di lavoro in fabbrica o a servizio, veicolando il contagio anche in casa delle classi più agiate e nei supermercati, la strage non si potrà mai fermare senza un intervento radicale per migliorare le condizioni di vita di questi excluidos, modernizzando i mezzi di trasporto pubblico. E ciò si dovrebbe applicare a livello globale, non solo in Brasile.

Foto e testi © F.Bacchetta