“I numeri sono più importanti di novembre e tutta la catena sanitaria è sotto stress”. Il medico di base Nicola Calabrese, vice segretario regionale per la Puglia e segretario provinciale del sindacato Fimmg, lo dice chiaro e tondo: “Siamo allo stremo, un momento complicato per il quale bisogna ringraziare tutti i colleghi”. La situazione della Asl di Bari, sul cui territorio opera, è quella più difficile in una regione che sta vivendo il suo peggior periodo dall’inizio della pandemia. Entrata nel “rosso scuro” dell’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, la Puglia è in sofferenza nel settore ospedaliero. “Non solo – spiega Calabrese – Le difficoltà attraversano tutta la filiera. Noi abbiamo importanti criticità nella prenotazione dei tamponi, fondamentale per permettere al medico di base di impostare la terapia e organizzare l’isolamento familiare”.

Come si è precipitati in questa situazione in un territorio che era uscito quasi indenne dalla prima ondata?
Partirei dall’estate, con un virus circolante e molti asintomatici. Quindi le indicazioni del governo nelle festività natalizie che non sono state rispettate in pieno e l’esplosione delle varianti. Aggiungerei anche la necessità di tenere insieme le esigenze economiche-sociali con quelle sanitarie. Non è un caso il repentino cambio di colore di tutta l’Italia quando la situazione rischiava di diventare ingestibile.

Reputa quindi che i comportamenti individuali continuino a fare la differenza.
Credo che chiunque possa percepire un abbassamento della guardia. Dopo un anno le persone hanno bisogno di uscire e allo stesso tempo di trovare risposte. All’esterno forse ancora oggi non si percepisce in pieno quel che accade nei nostri studi, ai colleghi del 118 e dei pronto soccorso che sono in una situazione estrema e così via in tutta la catena della sanità. Una filiera allo stremo, in vera emergenza.

Lei quanti… (interrompe)
Ho perso il conto. Nell’ultima ora ho ricevuto la risposta di un test antigenico rapido e i risultati del tampone di un’intera famiglia. Tutti positivi. Una situazione che sta cambiando anche il nostro lavoro.

In che senso?
In molti casi abbiamo fatto gli psicologi, forse ora ne avremmo bisogno noi. Sta diventando pesante. Un esempio pratico: in questo territorio siamo poco meno di mille medici di base. Nel week end chiediamo mediamente 1.200-1.300 tamponi. Significa che tutti o quasi tutti stanno lavorando anche nel week end. Questa è l’evidenza di quanto la medicina generale, in silenzio, sta facendo uno sforzo importante. Siamo noi a gestire le ansie, la febbre che non scende, i primi peggioramenti nel mare magnum dei paucisintomatici. Questi sono aspetti che il sistema non vede né riconosce.

Una rivendicazione?
Siamo in una situazione di estrema pressione. Ci sono disagio e a volte rabbia, legati al fatto che la medicina generale gestisce tutta la complessità della situazione. Da un lato, il lavoro di routine. Ipertesi e diabetici sono sempre lì, vanno seguiti con la stessa efficacia pre-Covid. Dall’altro, abbiamo un numero gigantesco di persone che combattono il virus a domicilio. E numerose difficoltà legate alla loro gestione, compresa la diagnosi. Abbiamo infatti importanti criticità nel momento del tampone, per noi fondamentale per essere certi di impostare la giusta terapia e organizzare l’isolamento familiare.

L’esplosione del contagio ha rallentato i tempi per avere l’esito?
Peggio, abbiamo problemi legati all’offerta di tamponi nell’Asl di Bari. Nonostante la procedura informatizzata introdotta a novembre per superare le segnalazioni via mail. Doveva portare alla prenotazione automatica del test in tempi certi, ma oggi non è garantita. C’è una difficoltà oggettiva iniziata a fine febbraio e oggi diventata ingestibile.

L’attesa per un tampone è quindi lunga.
No, parliamo proprio di mancata prenotazione. Il sistema è automatizzato, tutto si basa sull’offerta di tamponi. Oggi la richiesta è superiore all’offerta e la richiesta non va a buon fine. I colleghi lamentano errori di agenda. E non è colpa loro. Questo impatta su tutti noi, perché il paziente chiede e non abbiamo risposte da dare.

Le Usca per l’assistenza a domicilio?
Sono anche loro sotto pressione a causa di un numero di richieste esorbitante. I colleghi che hanno montato su Bari ieri mattina si sono ritrovati già 32 richieste da gestire. E la procedura è complessa, perché l’accesso a ogni singolo paziente impegna molto tempo.

È confidente che l’onda verrà contenuta?
Stiamo raschiando il fondo, in campo ormai ci sono anche gli specializzandi. Il momento è critico perché si sovrappongono la gestione della pandemia e la vaccinazione di massa. Bisogna avere coraggio nelle scelte. Ci sono indubbiamente attività produttive che sono in difficoltà, ma con questa via di contenimento ibrida non le stiamo risolvendo, e allo stesso tempo si stanno creando nuove difficoltà che vanno gestite. L’esperienza ci ha dimostrato che i casi si abbattono con le chiusure, interrompendo le catene di trasmissione. Quando si temporeggia, il sistema scoppia.

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