Abbiamo imparato ad accontentarci di una cena delivery in videochiamata con amici e persone care. Temporeggiamo a rientrare nei musei godendoci visite virtuali davanti a uno schermo. Ci avventuriamo mascherati e igienizzati a dovere nelle librerie aperte anche in zona rossa pur di viaggiare almeno con la mente tra le pagine di un libro. Ma c’è qualcosa che niente può sopperire. E questo “qualcosa” sono i concerti e gli spettacoli dal vivo. Non c’è Sanremo, trasmissione virtuale, disco in streaming, impianto audio di ultima generazione che tenga. La sensazione che regala un evento dal vivo è irripetibile, imparagonabile, insostituibile. Quando torneremo sotto a un palco? Non è dato saperlo, almeno in Italia. Di certo non questa estate a quanto pare. Almeno in Italia. Perché in altre parti d’Europa, e nemmeno troppo lontano da noi, le cose sembrano andare in tutt’altra direzione. O, quanto meno, si sta materialmente facendo di tutto affinché questo accada. In tempi rapidi e in tutta sicurezza. Succede in Olanda, ma anche in Spagna e Inghilterra. Nazioni non propriamente Covid-free, insomma. Come è possibile? Perché altrove si sperimentano concerti anche a pandemia in corso e in Italia no?
“Back to Live” in Olanda
Pioniere fu il test musico-scientifico dello scorso dicembre a Barcellona: 463 persone in un locale chiuso, l’Apolo, con tampone rapido (negativo, pena l’accesso negato), mascherine FFp2 ma senza distanziamento. Risultato: nessun contagiato.
L’esperimento riuscito non ha lasciato indifferenti le orecchie più attente del mondo musicale europeo, e così in Olanda lo scorso 20 marzo è andata in scena la “seconda”. Questa volta teatro dell’esperimento – denominato “Back to live” e voluto come in Spagna congiuntamente da operatori musicali e governo – è stato il festival Lowlands di Biddinghuizen, evento con cadenza annuale e partecipazione media di circa 50 mila spettatori. Un doveroso inciso: in Olanda bar e ristoranti sono chiusi da ottobre, tutte le attività ritenute non essenziali sono ferme dallo scorso 15 novembre e da gennaio è stato imposto il coprifuoco dalle 21 all’alba. Le scuole sono semi-aperte, con solo parte degli studenti in presenza in aula. Tutto questo per dire che non siamo esattamente in Nuova Zelanda, nazione a contagio ormai quasi azzerato dove lo scorso 18 gennaio migliaia di persone hanno potuto partecipare al concerto all’aperto dei Six60. Sudati, ammassati e incasinati come se fosse un 2019 qualsiasi. Torniamo dunque al Lowlands festival. Come è stato possibile organizzare il concerto con l’emergenza sanitaria in corso? Due parole magiche: tamponi e tracciamento. Innanzitutto il numero dei partecipanti è stato ridimensionato a 1500 spettatori. Per poter avere accesso all’evento tutti hanno dovuto sottoporsi a un tampone antigenico 48 ore prima del concerto, mentre il giorno stesso sono stati fatti 150 tamponi rapidi a campione: 26 potenziali spettatori sono così stati fermati ai cancelli d’ingresso, in quanto il test rapido è risultato positivo. Una volta entrati nell’area concerti gli spettatori sono stati divisi in tre macrogruppi che potevano muoversi con diverse modalità (compresa l’assenza di mascherina) e tutti hanno dovuto indossare un localizzatore e scaricare un’app capace di tracciare e monitorare i loro movimenti e soprattutto i loro contatti durante l’evento. Non era invece richiesto nessun distanziamento. Tutti gli spettatori presenti sono stati nuovamente sottoposti a tampone antigenico il 25 e il 26 marzo, e nelle prossime settimane verranno resi noti i risultati clinici dell’esperimento. Le stesse regole sono state applicate sabato 27 marzo durante la partita della nazionale olandese contro la Lettonia valida per le qualificazioni ai prossimi Mondiali: 5000 tifosi, seguendo le medesime procedure adottate al Lowlands, hanno potuto accedere alla Johan Cruijff Arena di Amsterdam e tornare così allo stadio, come avevano già fatto altri 1300 supporter nei giorni scorsi per altre due partite di calcio di seconda divisione sempre in Olanda, a Nijmegen e Almere. La combinazione test-tracciamenti è dunque la chiave capace di riaprire la porta di stadi, arene, teatri e palazzetti dello sport? Per Andreas Voss di Fieldlab Events, la società che ha materialmente organizzato l’operazione olandese “Back to Live”, la risposta è sì: “Queste misure ci danno l’opportunità di fare più cose – ha dichiarato – anche prima del raggiungimento dell’immunità di gregge attraverso i vaccini.”