È l’ultimo primate rimasto ad abitare le regioni dell’Africa a nord del Sahara ed è anche l’unica scimmia presente in Europa, seppure occupi l’ultimo lembo del promontorio di Gibilterra che guarda il Marocco. Ora però, la bertuccia rischia di scomparire anche dai suoi ultimi baluardi se non saremo in grado di frenare la corsa al rialzo delle temperature, responsabile di un conflitto con l’uomo sempre più aspro per la contesa di una risorsa vitale: l’acqua. Il grido di allarme arriva dal Parco Natura Viva di Bussolengo che da anni collabora con il progetto di monitoraggio, ricerca e censimento degli esemplari di questa specie sulle Rif Mountains e tra le foreste del Medio Atlante, in Marocco. “Tutti i dati raccolti in campo – spiega Caterina Spiezio, responsabile del settore ricerca e conservazione del Parco Natura Viva di Bussolengo – ci stanno indicando che mentre sulle Rif il cambio del clima sta determinando l’assenza di neve in inverno e siccità prolungate in estate, sul Medio Atlante la crescita degli alberi di cedro, grazie ai quali le bertucce trovano cibo e rifugio, sta risentendo dell’aumento delle temperature già registrato a partire dagli anni ’70. Questo causa una discesa degli esemplari che possono vivere fino ai 2.600 metri, in cerca delle risorse venute meno”. Una discesa pericolosa però che pone le bertucce, già classificate da IUCN come “in pericolo di estinzione”, in competizione diretta con gli agricoltori che utilizzano le fonti d’acqua per l’irrigazione dei terreni e le necessità del bestiame. “Ecco che le bertucce si espongono alla persecuzione dell’uomo e agli attacchi dei cani da guardia – interviene Sian Waters, direttrice del Barbary Macaques Awareness and Conservation e membro dello IUCN Primate Specialist Group – i quali non solo rischiano di predarle, ma anche di trasmettere loro malattie tipiche degli animali domestici. È per questo che una delle attività in cui siamo impegnati con questo progetto è proprio la vaccinazione contro la rabbia dei cani liberi tra i villaggi locali”. Si stima che siano tra le 8 e le 10mila le bertucce sopravvissute fino a oggi ai cambiamenti climatici e alla persecuzione dell’uomo e che le popolazioni più consistenti rimangano quelle che abitano le foreste di cedri del Medio Atlante, dove l’aridità e la scarsità di piogge hanno fatto registrare il declino del 50% degli esemplari negli ultimi 26 anni. “Se l’accesso all’acqua si sta imponendo come un’emergenza sempre maggiore tuttavia – conclude Spiezio – questa specie ha sempre sofferto un’altra grande minaccia che ne ha decimato le popolazioni: il commercio illegale come animale da compagnia, nella declinazione più frequente dello sfruttamento degli esemplari a catena per guadagnare con i selfie ai turisti”. I monitoraggi proseguiranno, anche se i dati climatici non fanno ben sperare per il futuro delle bertucce.

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L’acqua è un affare. E non certo per lo Stato

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Petrolio, la “svolta verde” post Covid è all’indietro: consumi oltre i 100 milioni di barili al giorno nel 2023 e crescita fino almeno al 2026

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