È sempre la solita storia. Ce ne ricordiamo quando i nostri club rimediano figuracce su figuracce in Champions e non abbiamo nemmeno una squadra nelle prime otto in Europa: e allora giù paginate di giornali, dibattiti da bar e da salotto sui motivi del declino. Ma poi ce ne dimentichiamo alla prima vittoria della nazionale contro modesti avversari, celebrate come grandi imprese. Già si parla di “Rinascimento” del calcio italiano. Ma il movimento è in crisi e non sarà una vittoria di club o nazionale, che tutti ci auguriamo e potrebbe persino essere all’orizzonte, a cambiare la realtà.
La sosta delle nazionali ha messo in stand-by campionati e coppe, già concluso il dibattito che aveva suscitato la clamorosa eliminazione di Atalanta, Lazio e soprattutto Juventus dagli ottavi di Champions, peggior risultato per i nostri club degli ultimi cinque anni. Due settimane fa il calcio italiano sembrava morto, superato, finito. Con la nazionale riprende fiato. I meriti sono quasi tutti di Roberto Mancini. Il ct ha costruito un gruppo e ridato un’anima a questa squadra, ormai lo si ripete da tempo. È stato bravo ad individuare alcuni punti fermi (soprattutto in mezzo al campo, dove ad esempio l’esplosione di Barella e Chiesa è iniziata prima in nazionale che nei club). È stato anche agevolato dalla possibilità di ripartire da zero e ricostruire sulle macerie lasciate da Ventura, dopo di cui era davvero difficile far peggio.
Oggi l’Italia è una squadra vera, con uno spogliatoio coeso e un’identità di gioco precisa. In virtù di questo, si presenterà ai prossimi Europei se non come favorita, comunque come una delle possibili vincitrici finali. E dopo la mancata partecipazione ai Mondiali di Russia 2018 già questo è un successo. A guardarla da lontano sembra la fotografia di un movimento in salute, quantomeno in ripresa. Più ti avvicini, però, e più si notano le imperfezioni, i difetti. L’eliminazione dei club italiani, che in Europa non vincono per il loro provincialismo, la mancanza di personalità, struttura e ovviamente risorse, è una ferita aperta che non si può archiviare in un paio di settimane.
Poi c’è la nazionale, che vince e convince, ma quanto fino in fondo? È vero, è un momento un po’ strano per il calcio europeo. In giro per il continente non c’è molto di meglio. Ma nemmeno di peggio. A parte la Francia che in questo momento è di un altro pianeta, Spagna e Germania sono in crisi, però a differenza nostra hanno vinto tutto nell’ultimo decennio, una fase di transizione se la possono permettere, e soprattutto i tedeschi trainati dal Bayern hanno già iniziato la ricostruzione. Olanda, Portogallo non hanno il nostro stesso blasone. L’Inghilterra chissà se vincerà mai qualcosa d’importante, ma si consola col campionato più bello e ricco al mondo, che ha anche ripreso a sfornare talenti propri.
L’Italia invece cosa ha? Un gruppo unito che gioca bene, questo sì. E che vince con continuità, però fin qui solo contro avversari modesti: Bulgaria, Bosnia, Polonia, Estonia. Prima non vincevamo manco queste e dunque il passo avanti c’è, ma il salto di qualità è ancora da fare. In tre anni di era Mancini la vittoria di prestigio vero è una sola, l’1-0 in Nations League all’Olanda. A un certo punto però bisognerà confrontarsi anche con le big d’Europa, e chissà se per batterle basterà questo o ci vorrà qualcosa in più. La qualità che questa nazionale ha solo in parte: l’unico giocatore di fantasia è Insigne che non ha mai fatto la differenza a livello internazionale, come Immobile e Belotti, bomber da campionato domestico. Perso momentaneamente Zaniolo, non ci sono talenti nemmeno all’orizzonte, visto che l’Under 21 fatica nel suo Europeo di categoria, e non ha nessun gioiello da mettere in mostra (forse giusto Scamacca, che fa panchina al Genoa, e Tonali, bocciato al suo primo anno al Milan). Il calcio italiano oggi è un movimento che non produce realtà societarie sane da una parte, talenti e idee dall’altra. È vero che molto spesso non c’è correlazione fra l’andamento di club e nazionale, ma almeno in Italia sono due facce della stessa medaglia. Quindi godiamoci la nazionale di Mancini e speriamo negli Europei 2021. Sembra più azzurro il presente del futuro.