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Gabriele Muccino contro i fratelli D’Innocenzo: “Non riesco a finire Favolacce dalla noia. Sarò poco intelligente o cinefilo per non comprenderlo?”

Il regista de L'ultimo bacio spiega su Twitter che non è riuscito ad arrivare in fondo alla visione dell'ultimo film di Fabio e Damiano D'Innocenzo candidato a 13 David di Donatello. Gli utenti si infuria con Muccino, ma lui replica: "Non denigro. Dico solo che non sono riuscito a vederlo dalla noia e dalla confezione wannabe indie ma in fondo così saccente

di Davide Turrini

Gabriele Muccino contro i fratelli D’Innocenzo. La singolar tenzone, merce non rara, ma rarissima nell’imbalsamata cultura e industria del cinema italiano, arriva da Twitter dove il regista de L’Ultimo Bacio ha un profilo molto attivo e spesso polemico. Capita così che una domenica pomeriggio, probabilmente complici i David di Donatello imminenti, il regista romano pigia “play” sul suo monitor del pc per recuperare Favolacce, l’ultima fatica di Fabio e Damiano D’Innocenzo, gli enfant prodige del cinema italiano d’essai, in gara ai David con 13 nomination. Solo che Favolacce a Muccino fa come l’effetto Corazzata Potemkin a Fantozzi. Così sbotta con un tweet: “Sto provando a guardare da stamattina Favolacce. Non lo sono ancora riuscito a finire. Sarò poco intelligente o cinefilo per comprenderne la grandezza? (Eppur sono di quelli che quando vedono Dogman, chiamano il regista per ricoprirlo di complimenti)”.

C’è da lucidarsi gli occhi: nel 2021 un regista italiano polemizza con un altro, anzi ben due, registi italiani scrivendo che insomma il loro film proprio gli fa pietà. Le risposte dei follower non si fanno attendere. Una grossa fetta parla di invidia, anzi del romanesco “rosicà”. Muccino risponde un po’ a tutti i critici e rispedisce al mittente anche a chi gli ricorda il terribile spot sulla Calabria. “Il mio ragionamento è: faccio film da 23 anni. Ho girato in diversi continenti, mi sono misurato con il pubblico italiano e anche globale. Il mondo reale, nel nostro mestiere, è fuori del perimetro del cortile in cui si giocava alla champions league quando era solo briscola”. Insomma, Favolacce non gli è piaciuto, ma Muccino ne ha anche un po’ verso, come dire, la dimensione del discorso culturale che rappresentano i D’Innocenzo con la loro lunga ispida barbona e quell’aria da eleganti bohemienne. “Non denigro. Dico solo che non sono riuscito a vederlo dalla noia e dalla confezione wannabe indie ma in fondo così saccente”.

Ovvio, la polemica finirà qui, perché di solito le lotte al coltello tra cineasti italiani naufragano da almeno vent’anni in uno stucchevole bon ton, proprio come segnala lo stesso Muccino in un altro tweet su Favolacce: “Per la cronaca: Pasolini detestava Calvino, Moretti Monicelli, i viscontiani si odiavano con i felliniani e a volte venivano persino alle mani. Se posso dirla tutta e fino in fondo, tutto questo politicamente corretto, è la tomba dell’arte e lo trovo insopportabile”. Il 53enne Muccino non è nuovo a questa onestà intellettuale social. Nel 2015 dal suo profilo Facebook (poi chiuso), Muccino aveva scritto un lungo post polemico sul Pasolini regista con un nucleo di pensiero che suonava così: “Uno che usava la macchina da presa in modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente cinematografico sulle cose che raccontava, in anni in cui il cinema italiano era cosa altissima, faceva da scuola di poetica e racconto “cinematico” e cinematografico in tutto il mondo”.

La polemica fece storia. E arrivò perfino qualche confessione proibita di alcuni registi italiani, forse perché l’oggetto del contendere e della critica era un defunto. Lo scontro tra registi viventi è un capitolo nuovo. Vediamo che accadrà. Anche se per il glorioso cinema italiano contemporaneo si preannuncia di nuovo calma piatta.

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