E' quanto emerge da alcune anticipazione del rapporto messo a punto dagli esperti del Joint Research Centre incaricati da Bruxelles di valutare i rischi del nucleare. A favore dell'inclusione dell'atomo tra le energie meritevoli di nuovi finanziamenti ci sono Francia, Ungheria e Polonia. Contrarie Austria ed associazioni ambientaliste
Il nucleare potrebbe essere incluso tra le energie meritevoli di sussidi e aiuti europei destinati a disegnare il futuro “green” del Vecchio Continente. E’ quanto emerge dal rapporto del Joint Research Centre, incaricato dalla Commissione UE di disegnare la strategia ambientale europea, anticipato da alcuni media tra cui Euactiv. Il problema del nucleare non risiede nelle emissioni di Co2, che sono relativamente contenute e su cui Bruxelles aveva già espresso una valutazione positiva, ma nella sicurezza delle centrali e nella pericolosità delle scorie. Aspetti su cui si sono messi al lavoro i consulenti. Le loro conclusioni sembrano essere più che favorevoli all’atomo. “Le analisi non riportano alcuna evidenza scientifica sul fatto che il nucleare sia più nocivo per la salute umana o per l’ambiente rispetto agli altri metodi di produzione di energia”, si legge nel rapporto. Il documento definisce inoltre sicure e appropriate le attuali tecniche di immagazzinamento delle scorie in speciali siti sotterranei, benché, ammettono gli esperti, non sia ancora possibile fare valutazioni di lunghissimo periodo. Nel rapporto si legge ancora che “sebbene la possibilità di gravi incidenti alle centrali non possa essere esclusa al 100%, si tratta di eventualità estremamente improbabili, soprattutto in relazione ai reattori di terza generazione”.
Due comitati di esperti dovranno ora esaminare il rapporto, dopodiché la Commissione Ue prenderà la sua decisione. Sulla scelta è in corso un braccio di ferro tra i paesi che hanno da tempo scommesso sul nucleare e altri che guardano con diffidenza a questa fonte energetica. Quindi da un lato ci sono la Francia (che sul suo territorio ha una ventina di centrali in funzione), Polonia ed Ungheria che sperano di ricevere nuovi fondi per i loro impianti. Dall’altro alcuni paesi tra cui l’Austria e diverse associazioni ambientaliste. Tra queste anche Greenpeace che mette in dubbio l’imparzialità del Joint Research Centre, istituito nel 1957 dall’allora Comunità economica europea allo scopo di favorire un rapido sviluppo dell’industria nucleare. Secondo le indiscrezioni tra le fonti meritevoli di finanziamenti potrebbero rientrare anche alcune tipologie di gas che erano state inizialmente esclusi.Un approccio criticato tra gli altri dall’opinionista del Financial Times Wolfgang Münchau che sottolinea come la Commissione continui ad utilizzare criteri di valutazione di impatto ambientale estremamente morbidi con il rischio di trasformare la sue politiche verdi in operazioni più di forma che di sostanza.