Lo scorso 15 marzo, in un incontro alla Consap, le associazioni di consumatori hanno chiesto un approccio costruttivo. La società ha promesso di fare di più programmando una nuova riunione per la fine di giugno. Al momento solo poco più di 25mila piccoli investitori sono riusciti ad ottenere almeno una parte dell'indennizzo. Le domande depositate sono state 144mila, ma circa la metà sono bloccate per richieste di integrare la documentazione
E’ ancora lunga la strada per ottenere i rimborsi per le perdite subite a causa dei crac bancari. Ed è pure piena di ostacoli. Anche a dispetto del fatto che Consap abbia fatto un centinaio di assunzioni ad hoc per gestire rapidamente le pratiche. A complicare lo scenario è arrivata poi anche l’emergenza economica seguita a quella sanitaria che, secondo l’Adusbef, potrebbe ridurre l’attenzione del governo sulle difficoltà delle banche popolari su cui hanno investito tanti piccoli risparmiatori. Per ora, c’è una sola certezza: mentre il Fondo interbancario sta per terminare (probabilmente ad aprile) le pratiche di risarcimento, i soldi del Fondo Indennizzo Risparmiatori (Fir) arrivano con il contagocce.
Finora il Fir ha restituito ai truffati soltanto 45 milioni, appena lo 0,3% dello stanziamento previsto dal governo gialloverde (1,5 miliardi). Che cosa fare quindi per velocizzare le pratiche? Sul fronte risparmiatori c’è solo la necessità di fornire direttamente in Consap la documentazione integrativa eventualmente richiesta. E verificare nuovamente che i dati inseriti a suo tempo nella domanda siano corretti. “E’ l’unico adempimento – spiega Antonio Tanza, presidente dell’Adusbef, nonché rappresentante per le associazioni dei consumatori nel Consiglio nazionale consumatori e utenti (Cncu) al Ministero dello sviluppo economico – Chi non ha presentato per tempo la richiesta è ormai fuori gioco”.
Sul tema rimborsi qualcosa sembra si stia muovendo. Lo scorso 15 marzo, in un incontro alla Consap, le associazioni di consumatori hanno chiesto un approccio costruttivo nel risarcimento di risparmiatori che attendono gli indennizzi da ormai due anni. E la Consap ha promesso di fare di più programmando una nuova riunione con i consumatori per la fine di giugno. Ma al momento il piatto piange: sono infatti solo poco più di 25mila i piccoli investitori che sono riusciti ad ottenere almeno una parte dell’indennizzo. Le domande depositate alla Consap sono state 144mila, ma circa la metà sono bloccate per richieste di integrazione della documentazione.
C’è poi un altro punto dolente. “C’è un grosso equivoco di base. Perché i risparmiatori che avevano investito nelle banche venete e nelle quattro banche fallite hanno avuto un trattamento di favore rispetto a chi ha investito nelle altre banche popolari? – si domanda Tanza -. Le banche venete non sono state gli unici istituti di credito a saltare. Nei guai ci sono anche altre realtà come la popolare di Ragusa. E non brilla neanche la popolare di Bari. Tutte le azioni di queste piccole banche locali non valgono ormai più nulla. Tuttavia a livello governativo è stato deciso di favorire solo alcuni investitori”. Una scelta che potrebbe rappresentare un presupposto per agire nei confronti dello Stato, benché, come ammette lo stesso Tanza, azioni legali di questo tipo sono assai delicate e complesse, dall’esito quanto mai incerto. Soprattutto in tempi di risorse scarse.
D’altro canto, il fondo è stato creato per risarcire i piccoli risparmiatori dei soldi bruciati in undici crac bancari: la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, cui si sono aggiunte le quattro banche finite in risoluzione nel 2015 (Etruria, Marche, Carichieti e Cariferrara) e altri cinque istituti minori: Credito cooperativo padovano, Banca Brutia, Banca popolare delle province calabre, Banca di Paceco e Credito cooperativo interprovinciale Veneto. Ma finora sono sostanzialmente i piccoli risparmiatori delle venete e delle quattro banche liquidate ad aver avuto la meglio, per così dire, negli indennizzi. E anche fra di loro solo una piccola parte è riuscita ad essere completamente risarcita. “La Consap ha promesso di fare del suo meglio per velocizzare i pagamenti, ma temo che il clima sia cambiato rispetto a quando il governo decise di incrementare il fondo. Oggi ci sono meno soldi e i ristori per gli investitori diventano quindi più difficili” puntualizza Tanza. Causa Covid, per il governo sono diventati prioritari i ristori per le imprese e le attività chiuse in seguito all’emergenza sanitaria. Così possibili i ristori per i risparmiatori traditi sembrano quasi il retaggio di un’altra era. “La Consap ci ha dato appuntamento a giugno. Ora bisogna vedere che cosa vuole fare il nuovo governo. Siamo in stand-by” ha concluso il presidente dell’Adusbef.