In Trentino tutti coloro che lavorano nella sanità pubblica e privata (ma anche gli altri cittadini) che siano stati vaccinati contro il Covid-19 non saranno più sottoposti agli screening periodici, a meno che non si manifesti qualche sintomo del morbo. La decisione è contenuta in una nota che il dirigente generale Giancarlo Ruscitti ha inviato ai vertici di tutte le strutture sanitarie. Ma le indicazioni che vengono dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute sono diverse, visto che partono dall’ipotesi che il vaccino non dia una garanzia totale, ma solo percentuale di immunità. E quindi gli screening andrebbero effettuati, per evitare che qualche vaccinato diventi a sua insaputa un veicolo di diffusione del Coronavirus.
Chi ha ragione? Ecco cosa scrive Ruscitti. L’avvio delle vaccinazioni “consente di modificare la strategia di sanità pubblica sin qui adottata nell’ambito degli screening per la ricerca di SARS-CoV-2 su operatori sanitari, pazienti e cittadini in setting sanitari, socio-sanitari e comunitari”. Dopo la premessa, la disposizione: “A decorrere dalla data di emanazione della presente circolare, dovranno essere esentati da qualsiasi forma di test molecolare o antigenico rapido con finalità di screening (identificazione precoce della presenza di Covid-19 in persone asintomatiche) tutti i soggetti vaccinati a meno che gli stessi non sviluppino sintomi suggestivi di Covid-19”. Si tratta di “tutte le persone che hanno completato il ciclo di vaccinazione (somministrazione di prima e seconda dose nei modi e nei tempi stabiliti dai protocolli di riferimento), trascorso il tempo richiesto dalla somministrazione della seconda dose per una completa protezione (rispettivamente 7 giorni per il vaccino Comirnaty prodotto da Pfizer/BioNTech e 14 giorni per il Covid-19 Vaccine Moderna prodotto da Moderna)”. Per chi si è vaccinato, quindi, è previsto solo un eventuale tampone nel caso di sintomi sospetti. A chi sono rivolti quindi gli screening? “A popolazioni non vaccinate, per le quali il rapporto fra rischi e benefici giustifichi una razionale attuazione o intensificazione dei programmi di screening”.
La riduzione dei tamponi, sia molecolari che rapidi, è dimostrata nel raffronto tra le due province autonome di Trento e Bolzano, che hanno una popolazione superiore al mezzo milione di abitanti ciascuna, con una prevalenza di quella Trentina per circa 12mila unità. Ebbene a Bolzano fanno molti più tamponi che a Trento. Il 29 marzo a Trento sono stati 905, a Bolzano 3.920, il 22 marzo 1.237 a Trento e 2.895 a Bolzano, il 15 marzo sono stati 1.247 a Trento e 2.983 a Bolzano.
Nel quarto Rapporto del ministero della Salute, diffuso il 13 marzo, le indicazioni vanno in senso opposto a quelle di Trento. “Se una persona viene in contatto stretto con un caso positivo, deve essere considerata un contatto stretto anche se vaccinata”. Infatti, “la vaccinazione anti-Covid-19 è efficace nella prevenzione della malattia sintomatica, ma la protezione non raggiunge mai il 100%. Inoltre, non è ancora noto se le persone vaccinate possano comunque acquisire l’infezione ed eventualmente trasmetterla ad altri soggetti. Infine, è verosimile che alcune varianti possano eludere la risposta immunitaria evocata dalla vaccinazione, e, quindi, infettare i soggetti vaccinati”. Non c’è certezza assoluta di immunità. Una “ridotta attività neutralizzante degli anticorpi di campioni biologici ottenuti da soggetti vaccinati” è stata ad esempio segnalata nei confronti della variante Sudafricana. “Pertanto, in base alle informazioni attualmente disponibili, una persona, anche se vaccinata anti-Covid-19, dopo un’esposizione definibile ad alto rischio e considerata ‘contatto stretto’ di un caso Covid-19, deve adottare le stesse indicazioni preventive valide per una persona non sottoposta a vaccinazione”. La conclusione degli esperti del Ministero è molto netta: “Alla luce delle conoscenze acquisite, non si ritiene, al momento, di dovere modificare i programmi di screening dell’infezione da Sars-CoV-2 in atto per gli operatori sanitari mantenendo inalterata la frequenza dei test”, anche perché è necessario “identificare precocemente possibili nuove fonti d’infezione che possano determinare focolai epidemici non sempre facilmente controllabili”. L’argomento è stato sollevato anche da Filippo Degasperi, consigliere provinciale del movimento l’Onda, che ha chiesto alla giunta Fugatti di spiegare “le ragioni per le quali si ritiene coerente rispetto alle indicazioni dell’ISS prevedere l’esclusione dei vaccinati (operatori sanitari e sociosanitari inclusi) dalle attività di screening“.