Uno “scellerato disegno complessivo” del quale “ha pagato e continuerà a pagare il prezzo la popolazione siciliana”. Positivi sgonfiati, tamponi inesistenti conteggiati come processati, decessi “spalmati”: un’alterazione dei dati da parte dei vertici della Sanità della Regione Sicilia che per la “qualità dei soggetti coinvolti” inducono a ritenere il giudice per le indagini preliminari di Trapani, Caterina Brignone, che “abbiano operato nell’ambito di un disegno” di “natura politica”.

In sostanza, la dirigente e il funzionario finiti ai domiciliari insieme a un dipendente di Pwc, come anche l’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza, dimessosi dopo la notizia che è tra gli indagati, hanno “cercato di dare un’immagine della tenuta e dell’efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica che amministra migliore di quella reale” e di evitare il passaggio dell’intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, “con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra”, scrive il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare.

Stando alla ricostruzione del magistrato, è “verosimile ed altamente probabile” che la presunta “alterazione di dati rilevanti” abbia impedito l’adozione di misure di contenimento “più severe ed efficaci” e “in ogni caso è stata preclusa ai cittadini la possibilità di informarsi correttamente sulla reale incidenza della pandemia sul territorio e di regolarsi di conseguenza”, si legge nell’ordinanza. Il contributo di Razza è di “particolare rilievo e peso decisivo”, prosegue il giudice, “tenuto conto della carica ricoperta e, dunque, della copertura politica assicurata all’operato della dirigente generale del Dasoe” Maria Letizia Di Liberti.

Le intercettazioni, a parere del magistrato, dimostrano la “consapevolezza” di Razza riguardo alle “modalità criminose di trattamento dei dati e delle finalità perseguite”, fornendo “elementi indiziari anche con riferimento a fatti non ascritti, allo stato, al politico e certamente meritevoli di ulteriore approfondimento”. Una posizione, quella dell’ormai ex assessore regionale che, ad avviso del giudice, potrebbe anche aggravarsi. Sono molteplici le telefonate tra Razza e la dirigente dalle quali a parere degli investigatori emerge la consapevolezza del numero uno della Sanità siciliana.

Un “assoluto caos”, si legge nelle carte, con “inattendibilità dei dati trasmessi”, che “sembrano estratti a sorte e la cui dimensione reale appare sfuggita agli stessi soggetti che li alterano”. I valori indicati, sottolinea il gip, “sembrano totalmente disancorati dalla realtà” e “lascia sgomenti il modo di fare degli indagati, del tutto dimentichi delle tragedie personali, familiari e collettive che stanno ovviamente dietro quei numeri che avrebbero dovuto essere correttamente accertati e comunicati”. Il “più delle volte” le cifre trasmesse, comprese quelle dei decessi, sono “arbitrarie” con il fine di “abbassare valori ritenuti troppo alti o nel tentativo di recuperare dati precedentemente omessi”.

Inoltre, insiste il giudice, in alcuni casi viene “gonfiato ad arte” il numero dei tamponi, “nella più chiara e piena consapevolezza della falsità del dato e con l’intento di ‘giocare’ sul rapporto tra numero complessivo dei tamponi e numero dei soggetti risultati positivi per restare al di sotto delle percentuali giudicate di massimo allarme”. Un ‘gioco’ effettuato “con una leggerezza ed una sottovalutazione del rischio che lasciano esterrefatti”.

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