Quando il laboratorio ha finito i test “l’esito è stato sconcertante“. Le mascherine, di tutte le tipologie anche Fpp2 e Ffp3, non erano protettive ed erano finite nelle strutture sanitarie del Friuli-Venezia Giulia e non solo. E così questa mattina su ordine della procura di Gorizia i militari della Guardia di Finanza hanno sequestrato oltre 60 milioni di mascherine facciali, stoccate in 14 depositi in tutto il territorio nazionale, e in attesa d’essere distribuite, sono a caccia di altri 190 milioni di pezzi e hanno perquisito la sede di Invitalia a Roma per raccogliere tutti i documenti che possano permettere di ricostruire la filiera dell’acquisto e della distribuzione. Sono dispositivi pericolosi perché il loro potere filtrante è dieci volte inferiore a quello previsto dalla certificazioni. Gli uomini delle Fiamme gialle hanno trovato 34 milioni di pezzi in un deposito Sda a Cesano Maderno (Milano), altre a Pomezia (Roma).
L’indagine è per ora contro ignoti e la procura procede per il reati di vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Ovviamente si tratta del primo titolo di reato di una storia che oltre a essere una frode in commercio potrebbe comportare la valutazione del reato di epidemia. L’operazione nasce da una precedente inchiesta della Procura sui dispositivi di protezione individuale assegnati alle Aziende sanitarie del Fvg. Si tratta del residuo di forniture, per circa 250 milioni di pezzi, ereditato dalla precedente gestione della struttura nazionale per l’emergenza dell’ex commissario Domenico Arcuri. Lo scorso febbraio alla Finanza era stato segnalato l’utilizzo in ambito ospedaliero di mascherine cinesi con bassa capacità filtrante e dopo le analisi di laboratorio erano scattati gli accertamenti che hanno portato al sequestro.
Le analisi di laboratorio, eseguite dalle Fiamme Gialle, hanno evidenziato che in alcuni casi la capacità filtrante delle mascherine sequestrate è risultata essere 10 volte inferiore rispetto a quanto dichiarato, con conseguenti rischi per il personale sanitario che le aveva utilizzate nella falsa convinzione che potessero garantire un’adeguata protezione. I finanzieri di Gorizia stanno acquisendo documentazione e dati informatici dall’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli Investimenti e lo sviluppo d’Impresa S.p.A. (Invitalia Spa), per ricostruire le responsabilità nella catena di approvvigionamento e verificare quante mascherine della stessa tipologia siano state impiegate o sono tuttora in uso su tutto il territorio nazionale.
“Al momento non ci sono indagati perché stiamo ricostruendo le modalità e i soggetti che hanno partecipato all’acquisizione e alla commercializzazione dei dispositivi di protezione individuale” ha spiegato all’Ansa il procuratore di Gorizia, Massimo Lia. “L’inchiesta era nata a febbraio – ha aggiunto – con il sequestro di 1,5 milioni di pezzi nelle Aziende sanitarie Fvg. Grazie ai campionamenti effettuati, che hanno evidenziato una notevole difformità sulla capacità di filtraggio rispetto a quanto dichiarato e a quanto prevede la norma sulle mascherine Ffp2, si è deciso di allargare il sequestro a tutta Italia”. “Le mascherine – ha concluso il Procuratore – sono di produzione cinese. Ora procederemo con ulteriori comparazioni per verificare se anche quelle sequestrate oggi presentano le medesime imperfezioni, tanto da renderle pericolose per l’uso da parte del personale sanitario cui erano destinate”.