Gli inizi con il Newell’s Old Boys, la nazionale argentina, il Cile, Bilbao, l’avventura con il Leeds United. E prima ancora Marsiglia. Sono solo alcune delle tappe della carriera di Marcelo Bielsa, el loco, uno degli allenatori più affascinanti del calcio moderno. Un fascino declinato su due direttive: i risultati in campo, ma soprattutto il suo carattere fuori dal rettangolo verde. Anche per questo motivo, in Francia il tecnico è diventato un mito. Per il suo modo di intendere il calcio, per restituirlo ai tifosi, al di là del risultato, delle vittorie e delle sconfitte. Ed è questo ciò che ha lasciato in eredità a Marsiglia. Ha riportato l’entusiasmo genuino, il senso di appartenenza nei confronti di quel simbolo che l’Olympique è per la città. La grande vittoria del Loco, quella che sugli albi d’oro non comparirà ma che ha un valore inestimabile. La storia è stata raccontata dal giornalista Fabio Fava nel libro “Loco a Marsiglia. Storia di un amore tra Bielsa e la città“, uscito oggi per Edizioni InContropiede (132 pagine, 14,50 euro) con prefazione di Matteo Dotto.
Qui sotto pubblichiamo un brano del volume per gentile concessione della casa editrice veneziana:
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Nelle tre partite contro Reims, Saint-Étienne e Caen, oltre a raccogliere appena due punti, il Marsiglia ne ha visti scivolare via sette negli ultimi venti minuti, un dato che è fotografia nitida della situazione. Eppure, nonostante il terzo posto in classifica, nulla sembra essere compromesso. Il Lione, che da gennaio si è messo a trainare il gruppo di testa, ha quattro punti di vantaggio sull’OM, in mezzo c’è il solito PSG che come da copione è rientrato ed è pronto a giocarsi la volata di primavera. Un distacco recuperabile, quello che separa dalla vetta, soprattutto perché alle porte ci sono i due scontri diretti, quelli che durante il girone d’andata frenarono le ambizioni di una squadra apparentemente inarrestabile. Prima del faccia a faccia con il Lione capolista, il Marsiglia viaggia allo Stadium Municipal, tana del pericolante Tolosa. È uno show, il 6-1 è largo ma probabilmente non rispecchia l’abisso presente in campo, nonostante un Marsiglia piuttosto rimaneggiato a livello difensivo con la coppia centrale Aloé–Morel e il futuro juventino Mario Lemina esterno destro. Nella giornata delle goleade, l’OL ne rifila cinque a domicilio al Montpellier, il PSG quattro al Lens, tutto cambia affinché non cambi nulla: siamo a metà marzo, la Ligue 1 2014/2015 si decide ora.
È il 15 marzo 2015, il Vélodrome ha fatto registrare il nuovo record di spettatori (62.832), il calore del popolo marsigliese non è in discussione, il PSG ha perso 3-2 a Bordeaux nel pomeriggio, OM-OL, Marsiglia-Lione chiude la ventinovesima giornata. Lo zero a zero non si smuove, nonostante la superiorità di gioco e di occasioni dell’OM, nonostante il palo timbrato da Gignac pochi minuti prima. Quattro punti separano le due squadre in classifica, vincere, da una parte o dall’altra può significare riaprire o chiudere tutto. È il minuto 83, il Vélodrome osserva il calcio d’angolo che spiove sulla testa di Fanni, la deviazione a prolungare sul secondo palo diventa una sponda per Lucas Ocampos. L’allungo con il piede destro nel tentativo di anticipare il portiere lionese Anthony Lopes è d’istinto, a due passi dal palo il tocco che lo supera, il pallone che varca la linea di porta. Pochi. Evidenti. Centimetri. Il gol è buono, Ocampos si lancia verso la bandierina, fa per togliersi la maglietta, poi no. Si ferma, scuote la testa. Per l’arbitro Benoit Bastien, Lopes è intervenuto prima che il pallone superasse la linea, per il VAR ci sarà da attendere ancora qualche anno, il gol-non-gol di Muntari è un ricordo lontano ma neanche troppo. Bielsa si gira, chiede conforto agli strumenti della tv officiale dell’OM. “Goal? No goal?”.
È buono, Marcelo, è entrata, non ci sono dubbi. C’è rabbia, per una decisione sbagliata, una decisione che rischia di essere determinante. I nervi sono a fior di pelle, Morel vede rosso per un intervento fin troppo deciso su Gonalons, con l’uomo in più il Lione esce dal guscio ma non sfonda. Lo 0-0 che l’arbitro Bastien cristallizza fischiando tre volte è la fonte di tutti i rimpianti, quello che succede negli spogliatoi è il manifesto di un rapporto unico, un finale che non è una fine. Fin troppo facile paragonare quello che è un flusso di coscienza sincero ad una pellicola cinematografica, Bielsa non è Al Pacino ma questa sì è davvero una Maledetta Domenica. Il passo è nervoso, gli occhi sono spilli, la calma traspare nelle voci, a metà con la sua profondità. Le mani sottolineano, indicano, consolano. Poi arrivano le parole.
“È difficile accettare l’ingiustizia, ragazzi, però ascoltate quello che vi dico: se giocherete come avete fatto oggi, da qui alla fine del campionato, otterrete il premio che meritate. Lo so, niente può consolarvi adesso, perché avete dato tutto per questa partita, avreste meritato di vincerla e non ci siete riusciti. Accettate l’ingiustizia, alla fine tutto si equilibra. Mancano nove giornate, se giocherete così le nove partite che mancano, di sicuro avrete la ricompensa che meritate. Anche se adesso tutto questo vi sembra impossibile, non protestate. Ingoiate il veleno! Siate forti, perché giocando così le nove partite che restano, otterrete ciò che meritate. Mi congratulo con voi, ragazzi, con tutti voi, con tutti. Con tutti!”.
Sono frasi che incidono, che rimangono nella testa di chi, in quello spogliatoio le ha ascoltate come immediato tentativo di intervento, come genuina panacea e sincera medicina. Sono un’esplosione, una dichiarazione di affetto, formano un abbraccio reale e si concludono con un enorme e accorato ringraziamento. Sono testa, cuore e rabbia. In questo discorso a cuore aperto c’è tutto Marcelo Bielsa, non un’emozione di meno. Lo stesso Bielsa lo ritroviamo qualche minuto più tardi, di fronte ai giornalisti in conferenza stampa. Il tono è pacato, alla base l’idea di osservare tutto da un’angolazione differente per rimettere tutto al proprio posto e analizzare secondo logica.
“Non è importante sapere se il gol fosse valido oppure no, l’arbitro ha deciso di non convalidarlo. Non abbiamo dubbi sulla sua buona fede, dobbiamo accettare questa decisione. Non sono gli arbitri a decidere i destini di una squadra, in questo momento c’è molta fibrillazione da parte di tutti, come è comprensibile che sia, risulta difficile agire in maniera ragionevole. Se sono volate frasi irrispettose, specificatamente in spagnolo, sono qui a scusarmene, da parte mia e di tutto lo staff tecnico”.
L’altra faccia della stessa medaglia, l’esposizione esterna di chi prova a proteggere la propria squadra, consapevole di aver visto sfumare un’occasione enorme, non del tutto per demeriti propri. Però, faltan nueve fechas. Poche curve al rettilineo finale, il margine di errore si è praticamente azzerato.