Sembra un po’ un déjà-vu. Mentre Bruxelles tratta, il Regno Unito firma. Era accaduto con la società anglo-svedese Astrazeneca – protagonista di un braccio di ferro su contratti e forniture con l’Europa – ed è accaduto con quella statunitense Novavax. Ovviamente si parla di vaccini per prevenire Covid 19 e giocare d’anticipo sui contratti per le forniture ha permesso, tra le altre cose, alla Gran Bretagna di cominciare ad allentare le restrizioni. Perché ha potuto contare anche su forniture molto meno a singhiozzo di quelle dell’Unione europea.
Londra, come ha annunciato due giorno fa il premier Boris Johnson, ha concluso un nuovo contratto con il colosso farmaceutico GlaxoSmithKline per la produzione in Uk del composto realizzato nei laboratori americani Novavax, che nei prossimi mesi dovrebbero garantire a Londra una disponibilità di approvvigionamento nazionale ulteriore pari ad altri “50-60 milioni” di dosi. Il composto Novavax, al cui sviluppo iniziale il Regno ha pure contribuito finanziariamente, sarà infialato in un impianto di Barnard Castle, nel nord-est dell’Inghilterra. Una notizia che ha un valore doppio perché NVX-CoV2373 – secondo gli studi di fase 3 – è efficace sulle varianti inglesi e sudafricana e perché è in via di approvazione da parte dell’Agenzia europea del farmaco anche se come abbiamo imparato l’ente regolatore britannico (Mhra) è autonomo.
La Commissione europea sta trattando con Novavax da quasi 3 mesi per stilare un accordo di acquisto anticipato. Bruxelles ha concluso i colloqui esplorativi con la casa farmaceutica che ha sede nel Maryland il 17 dicembre scorso, con l’intenzione di concludere un contratto di acquisto di 100 milioni di dosi del vaccino che è basato sull’uso di proteine ricombinanti. Da allora, però ancora non è stato firmato il contratto per fornire all’Ue quello che sarebbe il sesto vaccino, dopo Pfizer/BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Janssen (Johnson &Johnson), già approvati dall’Ema, e probabilmente dopo CureVac, che dovrebbe essere il prossimo in arrivo.
C’è poi un settimo produttore con cui sono stati chiusi colloqui, la biotech francese Valneva. Neppure con quest’ultima azienda, con la quale i colloqui sono stati chiusi il 12 gennaio, è stato ancora siglato un contratto (conta su due stabilimenti produttivi, uno in Svezia e l’altro in Scozia). Nei giorni scorsi la portavoce della Commissione Vivian Loonela si è limitata a rispondere, interrogata per avere un aggiornamento sulle trattative con Novavax e Valneva, che l’esecutivo Ue non fornisce “dettagli sui negoziati in corso”.