Il comunicato del procuratore Greco, che ha spiegato di aver inoltrato alle autorità elvetiche una rogatoria per "completare la documentazione allegata alla domanda di voluntary disclosure" presentata "dall’avvocato Attilio Fontana", presidente della Lombardia, per "approfondire alcuni movimenti finanziari"
Autoriciclaggio e falsa dichiarazione in voluntary disclosure. Sono le ipotesi di reato con cui la Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati il governatore di Regione Lombardia Attilio Fontana. Contestualmente, i pm hanno chiesto una rogatoria in Svizzera sul conto corrente bancario del presidente lombardo, spiegando alle autorità elvetiche di voler “completare la documentazione allegata alla domanda di voluntary disclosure del 2016” presentata “dall’avvocato Attilio Fontana“, presidente della Lombardia, per “approfondire alcuni movimenti finanziari”. A darne notizia della rogatoria è stato il procuratore Francesco Greco, con un comunicato stampa in cui ha spiegato come la difesa del governatore si sia “oggi dichiarata disponibile a fornire ogni chiarimento” anche con produzione di documenti o “presentazione spontanea dell’assistito”. Al centro della tranche di indagine emersa col caso ‘camici’ ci sono i 5,3 milioni di euro su un conto svizzero scudati nel 2015 dal politico varesino, già indagato per frode in pubbliche forniture sul caso ‘camici’. La richiesta di assistenza giudiziaria si è resa necessaria in quanto ci sarebbero flussi non chiari e mancherebbero alcuni documenti per avere tutte le spiegazioni possibili su alcune movimentazioni.
Era dall’estate scorsa che i pm di Milano indagavano sul conto legato a un trust costituito nel 2005 alle Bahamas dalla madre del presidente lombardo, sul quale era confluito il patrimonio di un precedente trust, datato 1997 e sempre con sede a Nassau. Denaro, oltre 5 milioni di euro, che era stato “scudato” e arrivato nel suo deposito in Svizzera. Un tesoretto che era finito all’estero, a dire del governatore, che certamente non poteva essere frutto di un reato. L’affaire del trust era emerso durante gli accertamenti dell’inchiesta sul caso dei camici in Lombardia in cui Fontana è indagato per frode in pubbliche forniture. Mentre il cognato del presidente Andrea Dini, che controlla la società Dama, e Filippo Bongiovanni, dg di Aria sono indagati anche di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente). Nel mezzo dei primi mesi dell’emergenza coronavirus era esploso il caso dei 75mila camici e altri dispositivi di protezione individuale per oltre mezzo milione di euro acquistati dalla società Dama dalla Regione Lombardia. Operazione che era stata trasformata in corso d’opera in donazione.
Il cuore dell’inchiesta riguardava la fornitura con tutte le sue anomalie, ma la procura aveva puntato l’attenzione sul conto in Svizzera con depositati 5,3 milioni del presidente della Lombardia. L’esistenza del patrimonio milionario detenuto alla Ubs di Lugano (Fontana è stato multato dall’Anac per aver omesso la dichiarazione dello stato patrimoniale relativa al 2016, quando era ancora sindaco di Varese) era emersa proprio perché dal conto elvetico di Fontana sarebbe dovuto partire il bonifico di 250mila euro, poi bloccato in quanto operazione sospetta dall’Uif della Banca d’Italia, a titolo di risarcimento al cognato per il mancato profitto derivato dalla trasformazione della fornitura in donazione. I pm hanno quindi ricostruito, in base alla documentazione che la Guardia di Finanza, ha raccolto le movimentazioni di quel conto che non sarebbe stato dormiente e mettere a fuoco le entrate e le uscite registrate negli ultimi anni in particolare nel periodo precedente sua regolarizzazione con la voluntary disclosure.
Dopo la notizia delle accuse nei confronti di Fontana, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, legali del governatore, hanno diramato una nota stampa con la loro versione dei fatti: “Il comunicato della Procura della Repubblica dà conto della volontà del presidente Fontana di non lasciare ombra alcuna in ordine alla procedura della Voluntary, su cui i magistrati intendono fare chiarezza definitiva“. Anche le opposizioni in consiglio regionale, tuttavia, hanno detto la loro sulla vicenda, definita “l’ennesimo duro colpo inferto dal centrodestra a trazione leghista all’onore e alla reputazione di questa regione”. È questo il giudizio del capogruppo del M5s Massimo De Rosa, convinto che “l’orgoglio dei cittadini lombardi è ancora una volta umiliato dalle difficoltà di questa Giunta, il cui mandato è scandito quotidianamente da scandali, errori e disagi per la popolazione. Riteniamo che il governatore Fontana – ha concluso – debba intervenire al più presto in Aula per chiarire al Consiglio Regionale la propria posizione”.