L’annuncio della missione in Lombardia del Generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario nazionale per l’emergenza Covid, e del capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio aveva suscitato grandi speranze. Se non proprio l’occasione per sollecitare il commissariamento della Sanità regionale, obiettivo dei più esasperati, ci si attendeva che fosse “l’occasione per una svolta” (come ha dichiarato il moderatissimo Fabio Pizzul, capogruppo Partito Democratico in consiglio regionale) o quantomeno per una presa d’atto da parte dello Stato delle numerose disfunzioni che ormai da tempo sono protagoniste quotidiane delle cronache.
Invece no, le parole di Curcio sono state una vera doccia fredda: “La Lombardia dal mio osservatorio ha un tema collegato all’informatizzazione della struttura alla base delle vaccinazioni”. Devo dire che ce ne eravamo accorti anche noi. E poi ancora: “La Regione sta modificando l’infrastruttura di prenotazione e domani andremo alla presentazione del nuovo sistema”. Fin qui tutto abbastanza didascalico, nulla di nuovo. Però stupisce la descrizione della realtà fatta dal capo della Protezione Civile: “I numeri della Lombardia sono ragguardevoli, è la Regione che ha vaccinato di più, 85% delle dosi ricevute, la sua performance condiziona molto la campagna nazionale”.
Numeri che però stridono con le classifiche pubblicate dal Corriere della Sera, su dati della Fondazione Gimbe. Che i vaccini inoculati in Lombardia siano molti dipende anche dal fatto che qui vivono oltre 10 milioni di persone. Infatti, nel rapporto tra residenti e vaccinati al primo posto c’è il Molise con il 7,3% e la Lombardia è solamente a centro classifica con il 5,6%. Se si allarga lo sguardo alla seconda dose, la Lombardia scivola addirittura in zona retrocessione con il 4,7%, un solo punto di vantaggio sulla Sardegna, fanalino di coda. Anche se si valutano le vaccinazioni degli Over 80 la Lombardia (20,1%) è nella zona medio-bassa di una classifica guidata dalla provincia di Bolzano (49,1%).
Curcio invece cita un unico dato, in effetti incoraggiante, ovvero il rapporto tra dosi ricevute e somministrate, e questo gli basta per dirsi “confidente”: “Vogliono arrivare a 120.000 al giorno su 500.000 totali. Se qualcosa non andasse bene influirebbe negativamente sull’obiettivo nazionale. Il sistema informatico è importante per il gran numero di persone da prenotare, siamo confidenti che il (nuovo) sistema di prenotazione vada spero a eliminare le problematiche di organizzazione”.
Beato lui che ha fiducia nel futuro, perché noi lombardi ne abbiamo sempre di meno. Il problema è il sistema informatico? A parte che non è poco, qualcuno dovrà anche chiarire di chi sono le responsabilità di queste lacune. È davvero tutto da ascrivere al CdA di Aria Lombardia? E se la Lombardia è così efficiente nel distribuire le dosi che riceve, Curcio spieghi perché da Roma non ce ne mandano di più, visto che tutti gli altri dati dimostrano che la campagna procede a rilento.
Lo spieghi Curcio o chi per lui, perché non è detto che il capo della Protezione Civile esprima una posizione condivisa dal governo. Forse qualcuno ricorderà che in questa rubrica avevo auspicato che Mario Draghi, allora in procinto di assumere la Presidenza del Consiglio, ponesse la questione del nord al centro della sua agenda. In seguito, l’ho esortato a prendere in serie considerazione l’ipotesi di commissariamento della sanità lombarda, per dare una spinta a quel piano vaccinale nazionale il cui rilancio rappresenta un obiettivo fondativo del suo governo.
Se le parole di Curcio esprimono la posizione del governo Draghi – il che è tutto da verificare – c’è poco da stare allegri. Nessuno trascura i drammatici problemi di altre regioni (quanto accaduto in Sicilia è sconcertante), ma la logica del “mal comune mezzo gaudio” non si può certo applicare alla tragedia del Covid-19. Speriamo davvero in un cambio di passo da parte dell’esecutivo, perché in Lombardia sta aumentando la sensazione di essere abbandonati al nostro gramo destino.