Lo studio citato per mesi dai media italiani durante la fase di pre-print, lo stesso che secondo alcuni avrebbe spinto il governo Draghi a decidere di aprire le scuole dopo le vacanze di Pasqua, è stato finalmente pubblicato su una rivista scientifica peer-reviewed. Alcuni giornali hanno affermato che lo studio in oggetto è uscito nella prestigiosa rivista internazionale Lancet. In realtà, si tratta di Lancet Regional Health, una nuova rivista open access senza fattore d’impatto e poco conosciuta. Indubbiamente, potrebbe diventare una buona rivista scientifica in futuro, anche se non è minimamente paragonabile a Lancet.
Ma si è parlato anche troppo del prestigio della rivista e di fattori d’impatto, indicatori non necessariamente attendibili della qualità di un articolo. Pensate, ad esempio, all’eccellente contributo di Thomas Pueyo sulle politiche di contenimento Covid-19 intitolato The Hammer e the Dance. Parliamo quindi di contenuti.
Molti hanno scritto che lo studio dimostrerebbe che “la scuola è sicura”. L’ipotesi, d’altra parte, era stata ampiamente sostenuta da numerose figure pubbliche ancora prima della pubblicazione dello studio stesso. L’ex ministra Lucia Azzolina ha affermato che “la scuola è il luogo più sicuro di tutti”. L’ex coordinatore del comitato tecnico scientifico (CTS) Agostino Miozzo: “la scuola non è luogo di rischio con le dovute precauzioni, priorità riaprire”. Oppure Franco Locatelli: “La scuola è sicura. Basta bugie”. Poi, a capo della crociata “le scuole sono sicure” ci sono ‘epidemiologi e health policy analyst’ del calibro di Marco Bella, parlamentare 5S, che danno dell’incompetente a chi ha pubblicato per davvero alcuni articoli su Nature, Lancet e British Medical Journal.
Cosa dicono i risultati principali dello studio su Lancet Regional Health? Sostengono che: a) l’incidenza SARS-CoV-2 tra gli studenti 6-13 anni è molto più bassa (66/10 000) rispetto a quella della popolazione generale (108/10 000); b) l’incidenza SARS-CoV-2 tra gli studenti 14-18 anni è appena inferiore (98/10 000) a quella della popolazione generale; e c) l’incidenza SARS-CoV-2 tra insegnanti e personale scolastico è più del doppio (220/10,000) di quella della popolazione generale. In altre parole, sono proprio i dati in Figura 1 di questa ricerca spesso interpretata come solida evidenza a sostegno dell’ipotesi che “la scuola è sicura” a indicare che in realtà non lo è affatto.
In precedenza, oltre a uno studio su Euro Surveillance che aveva dimostrato che la trasmissione all’interno delle scuole medie e superiori Italiane avviene soprattutto tra gli studenti di età compresa tra i 10 e 18 anni, un’analisi cross-nazionale pubblicata su Lancet Infectious Diesases, riguardante centinaia di paesi inclusa l’Italia, ha concluso che la riapertura delle scuole può effettivamente aumentare il numero di riproduzione.
C’è anche un contributo su Italian Journal of Pediatrics dove addirittura nel titolo si dichiara che la scuola in Italia è sicura, nonostante i dati presentati dagli autori includano una prevalenza SARS-CoV-2 dell’1.1% in uno dei tre periodi considerati durante la seconda ondata. Se questa proporzione venisse estrapolata ai quasi 8,5 milioni di studenti e oltre 800mila docenti (senza contare bidelli, amministrativi e altro personale) parleremmo di oltre 100 mila contagiati. Anche questo studio in pratica ha dimostrato, a insaputa degli autori, che la scuola non è affatto sicura.
Riaprire le scuole è una priorità, tuttavia sono necessari interventi efficaci al fine di renderle davvero sicure. In un recente editoriale sulla rivista The Lancet, Deepti Gurdasani e colleghi affermano con forza che la riapertura delle scuole senza robusti interventi di mitigazione Covid-19 rischia di accelerare la pandemia. Secondo gli autori, affermare che le scuole non contribuiscano alla trasmissione del virus, sulla base di dati limitati, implica indirettamente un abbassamento di attenzione rispetto alle strategie di protezione. Questo è specialmente vero con la diffusione delle nuove varianti.
Secondo un recente report dell’Istat, in Italia al 18 marzo scorso la prevalenza della cosiddetta ‘variante inglese’ del virus Sars-CoV-2 era del 86,7%, con valori oscillanti tra il 63,3% e il 100% nelle singole regioni. In pratica, questi dati suggeriscono che gli studi sopra discussi sono pertinenti per quel che concerne poco meno del 15% dei contagi del paese.
Il comitato tecnico scientifico indipendente del Regno Unito (Independent SAGE) sottolinea spesso che per aprire le scuole in modo sicuro dovremmo affidarci a dei dati (tempestivi) non a delle date. Quelli che abbiamo non sono sufficienti. L’editoriale su Lancet ha anche incluso un elenco di raccomandazioni su come ridurre la trasmissione Covid-19 per rendere la scuola davvero sicura. Questi consigli sono applicabili anche ad altri paesi. Ma se alcuni politici e scienziati hanno già deciso a priori che la scuola è sicura, e continueranno a selezionare solo le informazioni che confermano la loro ipotesi, le raccomandazioni del Lancet rimarranno inascoltate.