Erano “campane tecnologiche” per il trasporto dei vaccini AstraZeneca infialati in Italia, non semplici “lavori di acciaio e ferro”, come indicato nelle bolle di esportazione che li portavano negli Stati Uniti. La notizia buona è che secondo l’Agenzia delle Dogane non venivano utilizzate per portare dosi fuori dal nostro Paese. La direzione Antifrode e Controlli dell’agenzia delle Dogane ha chiuso così la verifica su alcune spedizioni sospette partite tra gennaio e febbraio dallo stabilimento Catalent di Anagni, dove AstraZeneca infiala i suoi vaccini e dove una settimana fa sono state trovare (e fermate) 29 milioni di dosi inutilizzate dirette all’estero. In sostanza quelle casse di ferro erano materiali di reso che venivano rispediti a Philadelphia per riempirli nuovamente del principio attivo da infialare successivamente nel sito italiano.
Quanto al valore dichiarato – si legge nella relazione dell’Agenzia – “si tratta di contenitori speciali e questo spiega il peso e il valore, riferito ad un manufatto tecnologico e non a “pezzi di ferro e acciaio”, come indicato nelle bollette di esportazione. Il controllo, spiegano dall’Agenzia, era un atto dovuto. Il 26 e 29 marzo la Direzione Antifrode e Controlli aveva diramato un “messaggio di allerta” e il fattoquotidiano.it ne aveva dato notizia il 28 di marzo. Il sospetto era dovuto a diciture generiche come “lavori in ferro e acciaio”, all’elevato valore dichiarato della merce (oltre 25mila dollari per 80 kg) e al fatto che l’azienda negasse qualsiasi esportazione di “ferro e acciaio”, sostenendo invece che fossero usciti 20 quintali di inerti dallo stabilimento per il rifacimento di celle frigorifere, poi smaltite in una discarica di Latina. Nessuna spedizione aerea dunque.

La verifica è durata alcuni giorni e ha permesso di escludere il sospetto peggiore, cioè che venissero usate casse per portare fuori dall’Italia e dall’Europa i vaccini a loro destinati secondo i contratti stipulati con la Usa. L’Agenzia delle Dogane rileva alcune anomalie di forma nelle dichiarazioni doganali ma esclude l’ipotesi – riportata nella segnalazione di allerta – di “aggiramento delle regole, con particolare riferimento alle spedizioni “camuffate” di vaccini per covid 19”. La relazione dirada così – si legge nel documento – una “giusta perplessità in alcuni organi di informazione circa le spedizioni segnalate”: si tratta di sei spedizioni complessive, tutte dirette negli Usa, due partite da Ciampino, tre da Fiumicino e una presentata all’Ufficio di Milano 3 ma partita dall’Aeroporto di Francoforte. Dalle foto del controllo radiogeno risultano vuote, cioè “non è stato rilevato nulla di più delle parti metalliche e strutturali dichiarate”.

Tutte e sei non erano a temperatura controllata e “da ciò risulta evidente che non poteva trattarsi di spedizioni contenenti vaccini, men che meno vaccini per Sars-Cov-2”. La relazione si chiude rilevando un’incongruità che resta poco spiegabile e forse ha contribuito a muovere i sospetti. La categoria dichiarata in uscita dall’Italia, come detto, è “altri lavori di ferro o acciaio”, cioè manufatti e non si capisce perché non sia stata utilizzata quella appropriata – codificata dal nomenclatore internazionale – per “contenitori vuoti per il trasporto di farmaci”, dicitura “peraltro utilizzata nella terza spedizione di Fiumicino, da altro rappresentante in dogana dell’azienda”. “La voce lavori in ferro e acciaio – si legge nella relazione – seppur plausibile, non era la più aderente alla merce trasportata”.

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