Quella di Denise Pipitone è una vicenda straziante. Immaginare che una bambina di quattro anni venga rapita o comunque sottratta dalla sua casa e poi forse portata in giro per l’Europa, fino ad arrivare in Russia, è sconvolgente. Come oramai riportato da tutte le fonti d’informazione, una ragazza, oggi ventenne, è intervenuta in una trasmissione televisiva russa per dire che sta cercando i suoi genitori. E’ immediatamente scattata la ricerca per comprendere chi sia questa giovane che dichiara chiamarsi Olesya Orostova.

Le immagini di Olesya Orostova, la possibile Denise, hanno fatto pensare ad una somiglianza con quelle della presunta mamma, Piera Maggio. Molto correttamente, sia la presunta madre, sia il legale della famiglia, hanno dichiarato di essere cautamente ottimisti. Sulla questione è intervenuto anche il Comandante del Reparto Scientifico dei Carabinieri: non c’è dubbio che la parola definitiva sulla questione passerà da un’indagine genetica sul dna della ragazza da comparare con tracce utili per ricostruire la sua carta d’identità biologica.

Generalmente il test famigliare del dna viene eseguito per risolvere una questione di paternità, sul presupposto che il codice genetico è per metà materno e per metà paterno e “la madre è sempre certa”. Per queste ragioni il test del dna viene eseguito in atto per capire l’identità del padre. Sono innumerevoli i casi di verifica della paternità e tra i più noti possono essere ricordati quelli che riguardano la genetica di giovani che si dichiarano o ritengono di essere figli del campione Diego Maradona. Ma nella vicenda di Olesya “Denise” c’è ben altro.

La questione è infatti solo apparentemente giuridica. La verità è che attiene ad uno dei drammi più inaccettabili: la sottrazione di una bambina piccolissima, mentre gioca davanti a casa. Certamente Olesya ha dimostrato di voler fortemente scoprire “chi è”, quali siano le sue origini e cosa sia successo nella sua vita. Non è possibile affermare che la ragazza russa, al momento del suo grido d’aiuto e di ricerca della famiglia di origine, avesse realmente in mente di “chiamare” la (possibile) mamma Piera e la sua casa di Mazara del Vallo.

Bisogna augurarsi che si compia questa sorta di “miracolo tecnologico”; senza il test biologico, dopo così tanti anni, sarebbe stato impossibile soddisfare la volontà di Olesya e di sua mamma e dichiarare chiuso un caso che ha sbigottito tutta Italia.

Dalle notizie che stanno trapelando in questi giorni ve ne sono due che fanno temere un esito infausto: da un lato la presunta scarsa somiglianza tra le immagini di Denise e quelle attuali di Olesya (anche se la comparazione con le immagini della madre fanno invece pensare ad una soluzione positiva); dall’altra l’assoluta assenza di ogni conoscenza della lingua italiana o del dialetto siciliano da parte della ventenne russa. Il primo di questi due possibili “indizi” non ritengo possa essere determinante. Diversamente, il secondo, quello che riguarda la lingua, è forse più rilevante.

Probabilmente uno scienziato della cognizione direbbe che è assai rara la possibilità di resettare completamente un linguaggio che si è parlato e si è sentito parlare per quattro anni (considerando questo tempo come quello in cui certamente Denise ha conosciuto la lingua italiana). Il linguaggio “stampa” nei neuroni cerebrali dei veri e propri “pattern” e cioè dei timbri indelebili.

La povera Denise potrebbe però aver subito un trauma così rilevante e decisivo da cancellare dal suo cervello ogni traccia del passato. Se Olesya fosse Denise sarebbe interessante comprendere cosa possa essere accaduto e così meglio comprendere il funzionamento del cervello, la sua natura plastica e la sua capacità di rimuovere le tracce mnestiche qualora queste possano essere psicologicamente devastanti. Ma l’essere umano è anche una “macchina costruita per sopravvivere” e dunque si potrebbe opporre che il cervello dovrebbe mantenere qualche traccia del proprio passato proprio per garantire la possibilità di consentire al “proprio corpo” e al resto del “proprio cervello” di ritrovare se stesso.

Ma, al di là della scienza e della voglia (prometeica) umana di capire, nella storia incredibile di Olesya tutti noi ci auguriamo di assistere ad una sola cosa: l’abbraccio divino tra Denise e la sua vita. Entrambe distrutte da una mano malefica tanti anni fa.

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