Per i dirigenti scolastici "non possiamo promuovere tutti come l'anno passato", ma avanzano delle proposte: dall'ampliamento del numero di insufficienze per la bocciatura all'obbligatorietà dei corsi di recupero con scrutinio a settembre. Ma si temono numerosi ricorsi dei genitori
Quest’anno sarà possibile bocciare. Nonostante la scuola secondaria sia stata a intermittenza, tra didattica a distanza e in presenza, il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha deciso di tornare all’epoca pre-Covid, dopo un anno dove erano stati tutti ammessi alla classe successiva. Una decisione che trova il plauso convinto dei dirigenti scolastici e le critiche degli studenti e delle organizzazioni sindacali. L’unico punto che accomuna tutti è la certezza che fioccheranno i ricorsi da parte dei genitori ai giudici. Tutto ora passa nelle mani delle scuole che non si accontentano della scelta dell’inquilino di viale Trastevere, ma sono già al lavoro perché – come dicono i dirigenti – “non possiamo promuovere tutti come lo scorso anno, ma non possiamo nemmeno valutare senza tener conto della situazione di quest’anno”.
A lanciare una proposta concreta è Danilo Vicca a capo del liceo artistico “Enzo Rossi” di Roma: “Dobbiamo ampliare il numero di materie (solitamente sono tre) per le quali non si è ammessi con l’insufficienza, va prevista l’obbligatorietà dei corsi di recupero con uno scrutinio a settembre, la non ammissione dev’essere un’opzione condivisa da tutto il consiglio di classe”. Vicca è pragmatico. Sa che non basterà sedersi al tavolo e valutare i voti presi: “Non possiamo pensare che quest’anno si possa bypassare la valutazione, significa perpetrare un sistema che potrebbe creare dei vulnus nelle competenze degli studenti. Tuttavia mi metto anche dalla parte del ragazzo che magari non ha avuto tutte le occasioni per fare didattica come si deve, penso alla capacità di concentrazione, alla mancanza di connessione, di device, alle difficoltà ambientali”.
I colleghi del preside dell’artistico sanno che i ricorsi quest’anno saranno dietro l’angolo ma non temono: “Certo – spiega Cristina Costarelli, dirigente del liceo “Newton” di Roma – si rivolgeranno in molti alla Giustizia ma noi dobbiamo lavorare come sempre in scienza e coscienza. Insomma, non ci dobbiamo assolutamente preoccupare. Mandare avanti tutti per indulgenza non ha senso per i ragazzi. L’alunno deve avere un confronto rispetto a quello che ha fatto e poter, eventualmente decidere di cambiare anche indirizzo”. Dello stesso parere Silvia Bertone, preside del liceo “Gramsci” di Firenze: “La scuola deve avere la possibilità di valutare caso per caso senza ammettere tutti per forza. Certo, siamo consapevoli che sarà più facile fare ricorso ai giudici di fronte ad una bocciatura, visto l’anno particolare, ma dobbiamo rispondere a questa situazione con un’attenzione maggiore nei confronti dei ragazzi, in modo particolare a quelli delle prime classi che non hanno potuto frequentare la scuola come dovrebbe essere. La ripetenza dev’essere un’opportunità e non una punizione”.
C’è anche chi, come Ludovico Arte, capo dell’istituto “Marco Polo” del capoluogo toscano, sottolinea la differenza che c’è stata tra regioni: “Qualcuno è andato a scuola in presenza solo per il 10% dell’anno. Gli appigli per fare ricorso affermando che è mancata un’istruzione effettiva ci saranno ma non possiamo immaginare ancora un tutti promossi”. Anche Arte ha qualche idea su come affrontare questa situazione: “Se fossi ministro farei una raccomandazione. Nessuna sanatoria ma non si può giudicare quest’anno come se fosse un periodo normale. Troviamo un punto di equilibro. I ragazzi che hanno tantissime insufficienze li fermiamo, chi si trova sul filo del rasoio lo mandiamo avanti. Dell’effetto pandemia bisogna tenere conto. Questa è la grande occasione per fare una bella riflessione sulla valutazione, non dobbiamo arrivare impreparati a giugno”.
A non condividere il pensiero del ministro sono molti studenti. Per Federico Allegretti, coordinatore nazionale della Rete studenti medi “vale il ragionamento dell’anno scorso. Non ci sono le condizioni per fare in maniera diversa. La stessa ministra Lucia Azzolina – ricorda – prima d’andarsene da viale Trastevere ha detto che la dad non funzionava. È legittimo che i ragazzi e le loro famiglie si appellino alla Giustizia. Non ci resta che fare un appello ai nostri docenti perché tengano conto del disagio che abbiamo subito”. Considerazioni che non sono condivise da tutti i ragazzi. Secondo un sondaggio di Skuola.net, infatti, il 56% degli studenti è contro il tutti ammessi.
A difendere gli alunni è, invece, Pino Turi, segretario nazionale della Uil Scuola: “Lo Stato è stato di fatto inadempiente perché non ha dato ai ragazzi quello che avevano il diritto di avere, ossia l’istruzione. C’è da bocciare il Governo non gli studenti. Tuttavia, non credo che i ricorsi siano la giusta strada da intraprendere perché delegittimano l’istituzione attribuendo ai genitori il ruolo di sindacalisti dei loro figli”.