Il giudice ha stabilito che Biot resti in carcere: c'è infatti il pericolo di reiterazione del reato e inquinamento delle prove che si desume “dal numero di computer e smartphone in suo possesso (gli inquirenti hanno sequestrato quattro telefonini, ndr) a dimostrazione che non si tratta di attività isolata e sporadica”
Il capitano di fregata italiano avrebbe consegnato ai diplomatici russi una scheda sd con 181 foto di materiale in gran parte classificato come “riservatissimo” di cui 47 file “Nato secret” classificati come “segreti”. Sono i primi dettagli de caso di spionaggio i cui protagonisti sono Walter Biot, capitano di fregata e due funzionari russi (che sono stati espulsi). La Procura di Roma ha ottenuto la convalida dell’arresto dell’ufficiale della Marina militare, fermato martedì sera a Spinaceto, periferia sud di Roma, mentre – secondo le accuse – riceveva denaro dal funzionario russo al quale aveva consegnato dei documenti. Dal provvedimento di convalida del fermo, si apprende che Biot da circa 10 anni si occupava di gestire “flussi di informazione coperti da segreto” e, in particolare, “preordinati alla sicurezza dello Stato”, relativi alla “proiezione di tutti gli assetti italiani della difesa in teatri operativi esteri con particolare riguardo a operazioni Nato, Ue, Onu”.
Il giudice quindi ha stabilito che Biot resti in carcere: c’è infatti il pericolo di reiterazione del reato e inquinamento delle prove che si desume “dal numero di computer e smartphone in suo possesso (gli inquirenti hanno sequestrato quattro telefonini, ndr) a dimostrazione che non si tratta di attività isolata e sporadica”. Non solo. “Le modalità esecutive – si legge – e la natura della vicenda mostrano in maniera palmare l’estrema pericolosità del soggetto stante la professionalità dimostrata nel compimento delle suddette azioni desumibili dai numerosi apparecchi utilizzati, dalle tempistiche e dagli accorgimenti adottati”.
Per il giudice Biot ha operato così: da una parte inserendo la scheda Sd “all’interno del bugiardino del pacchetto medicinali” dall’altra dai telefoni in suo possesso “non emergono appuntamenti o contatti con l’agente russo”. In sostanza: gli appuntamenti fra il militare e i diplomatici erano pre-organizzati, in maniera tacita e dunque non concordati telefonicamente. “Tali elementi sono sintomatici – spiega ancora il giudice – dello spessore criminale dell’indagato che tra l’altro non si è posto alcuno scrupolo nel tradire la fiducia dell’istituzione di appartenenza al solo fine di conseguire profitti di natura economica”.
Biot, difeso dall’avvocato Roberto De Vita, ha preferito non rispondere alle domande del gip, dando però la disponibilità di farlo nei prossimi giorni. “Ho solo difeso la mia famiglia, ma mai ho consegnato materiale riservato ai russi. Non ho mai messo a rischio la sicurezza dell’Italia”, avrebbe detto ieri.