Il Tribunale di Bolzano ha stabilito che Alex Schwazer non si è dopato nel 2016, ma per la Wada, l’agenzia mondiale antidoping, nulla cambia: “Schwazer tornerà a marciare? Mi sembra che la Federatletica l’abbia escluso. La sentenza del Tas è definitiva, noi non ci faremo intimidire“, ha detto Olivier Niggli, il direttore generale dell’Agenzia, intervistato dal Corriere della Sera. Il gip Walter Pelino nel suo decreto di archiviazione ha sottolineato i comportamenti tenuti da Wada e Iaaf, confermando alcuni dei sospetti che vanno verso la tesi del complotto ordito allo scopo “di ottenere la squalifica e il discredito” di Schwazer, “come pure del suo allenatore Sandro Donati“.
Niggli però ha ribadito la posizione della Wada: “Trovo l’ordinanza chiaramente diffamatoria nei nostri confronti oltre che basata su affermazioni senza evidenza scientifica“. “Abbiamo fornito le consulenze richieste, ci aspettavamo una decisione sintetica, in un senso o nell’altro, non 87 pagine che ipotizzano un complotto internazionale con prove di fantasia”, ha aggiunto nel corso dell’intervista. Poi ha spiegato: “Noi dovevamo contribuire ad accertare solo tre cose per conto del giudice. Se nelle urine del signor Schwazer conservate a Colonia ci fosse testosterone sintetico. Risposta: c’era. Se nelle stesse urine ci fosse il suo Dna. Risposta: c’era. E se, infine, vi fosse anche del Dna di altri, tramite un’indagine forense sofisticata. Risposta: non c’era”. Ora, ha concluso il direttore generale della Wada, “non escludiamo nulla, nemmeno un’azione giudiziaria per diffamazione”.
Diverse le evidenze sottolineate invece dal giudice del Tribunale di Bolzano: il gip ha ritenuto “accertato con alto grado di credibilità” che i campioni di urina nel 2016 furono alterati. E nell’ordinanza si legge che Wada e Iaaf “hanno operato in maniera totalmente autoreferenziale non tollerando controlli dall’esterno fino al punto di produrre dichiarazioni false”. Il giudice Walter Pelino in un altro passaggio ha ricordato anche che alla giustizia italiana non è stato consentito di “esaminare il contenitore”, per via della “strenua opposizione di Wada e Iaaf, che come detto e documentato hanno cercato di impedire persino la consegna del contenuto del campione B, non esitando neppure a servirsi di dichiarazioni false sulla quantità di urina ivi presente fornendo poi ulteriore dichiarazione, anch’essa ideologicamente falsa, per spiegare il presunto errore“. Non solo, Perlino ha evidenziato anche i “gravi e convergenti elementi indiziari” che sostengono la tesi della manipolazione delle provette.