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Così si possono aiutare i bambini senza mezzi economici per fare sport

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Quando ero piccolo ho avuto un rapporto decisamente altalenante con lo sport; fin da subito ho capito di non amare il calcio, o perlomeno non amavo giocarlo anche perché, ammetto onestamente, ero e sono tuttora una schiappa assoluta e se anche mi trovo a fare qualche tiro al parco con amici è come se avessi due ferri da stiro al posto dei piedi.

Ho provato di tutto; dalla ginnastica artistica (e ancora ricordo con terrore i minuti appeso immobile agli anelli) al rugby, dalla pallamano al tennis. Poi un giorno, quasi per caso, ho giocato a pallavolo. Ed è stato amore assoluto. Tutto questo avveniva molti anni prima di quelli in cui Julio Velasco e la sua nazionale resero popolare la pallavolo maschile e il primo problema, per me, fu trovare una squadra con cui allenarmi. Vivevo in una città di provincia che offriva ciò che poteva e così cominciai ad allenarmi con una squadra femminile, che poi divenne mista e, qualche anno dopo, potei finalmente debuttare in un campionato maschile.

Lo sport mi ha insegnato tanto; mi ha insegnato l’impegno, la voglia di arrivare ad un risultato, la necessità di affidarsi agli altri e di comportarsi in modo tale che gli altri possano fidarsi di te, il bello di essere tutti diversi e complementari, mi ha insegnato il sacrificio e il piacere di godere del frutto del tuo impegno. Mi ha fatto crescere come sono e mi ha regalato degli amici coi quali ho condiviso momenti impagabili che ancora oggi, nonostante viviamo lontani gli uni dagli altri, ci tengono uniti attraverso un solidissimo filo invisibile.

Insomma, non sono certo uno sportivo di professione, ma per la mia crescita fare sport è stato importante, e non lo dico da un punto di vista fisico, ma soprattutto morale ed etico.

Anche Marco e Giovanni hanno scelto di praticare due sport poco comuni e lo fanno con gioia, il che è parte fondamentale dello sport. Per questa ragione mi sento molto vicino ad una giovane associazione no profit che si chiama ETKmente e che insegue un obiettivo importante: garantire l’accesso alla pratica sportiva a bambini e ragazzi fra i 6 ed i 15 anni che, per vari motivi, non possono permetterselo.

Tanti, ancor prima della pandemia, hanno dovuto rinunciare allo sport per ragioni economiche e nell’ultimo anno la situazione è, ovviamente, peggiorata ancora. ETKmente ha lanciato una campagna sociale che si intitola Lo Sport, un diritto per tutti i ragazzi volta a far sì che ai giovani di quell’età non venga negato un tassello importante della loro crescita che, come fu per me, non è solo fisica, ma anche etica e morale.

Il CONI ha sposato subito la causa e l’associazione sta scaldando i motori per cominciare a finanziare i primi progetti già a settembre quando, speriamo, la situazione pandemica sarà tale da riuscire a tornare attorno ad un pallone tutti assieme per giocare a quello che ci fa sorridere e stare bene. Se anche voi volete contribuire a questa causa, potete farlo sia economicamente sia donando il vostro tempo e la vostra professionalità. Non restate a bordo campo!

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