I parlamentari parlano di "fatto grave, sfregio del segreto professionale". In giornata è intervenuto il procuratore Maurizio Agnello, che ha ereditato il fascicolo sul ruolo delle ong avendo preso servizio a Trapani solo nel febbraio 2019: a chiedere al gip di autorizzare l'ascolto di Nancy Porsia è stato il pm di allora, Andrea Tarondo. Altri giornalisti sono stati ascoltati mentre parlavano con rappresentanti delle ong. Agnello assicura che "quelle telefonate non saranno usate"
La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha disposto accertamenti sull’inchiesta di Trapani sulle ong, nell’ambito della quale sono stati intercettati anche diversi giornalisti. E’ la prima iniziativa di verifica sulla condotta di un ufficio giudiziario che la ministra adotta da quando si è insediata in via Arenula. Sollecitazioni al suo intervento erano arrivate dai parlamentari Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e Erasmo Palazzotto di Leu, che avevano annunciato la presentazione di interrogazioni. Dure anche le parole di Sandro Ruotolo, Tommaso Cerno (Pd) e Primo Di Nicola (M5s) che in una nota scrivono: “È un fatto grave, siamo di fronte allo sfregio del segreto professionale, della violazione della libertà di stampa garantita costituzionalmente. Chiediamo al Ministro di sapere quali iniziative per quanto di competenza intenda assumere al fine di acquisire ulteriori elementi su quanto accaduto; se intenda adottare iniziative per tutelare adeguatamente il lavoro dei giornalisti, la loro libertà inviolabile nell’esercizio della professione”.
Sabato mattina sul caso eclatante delle intercettazioni nei confronti di Nancy Porsia, che da anni si occupa della rotta dei migranti dalla Libia, e di altri colleghi tra cui Antonio Massari del Fatto Quotidiano e Nello Scavo di Avvenire (ascoltati indirettamente), era intervenuto nel tentativo di ridimensionarlo anche il Procuratore facente funzioni di Trapani Maurizio Agnello. Intervistato dall’AdnKronos il pm, che ha ereditato il fascicolo sul ruolo delle ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere durante gli sbarchi dal 2016 avendo preso servizio solo nel febbraio 2019, ha confermato che Porsia “è stata intercettata per alcuni mesi nella seconda metà del 2017, perché alcuni soggetti indagati facevano riferimento a lei che si trovava a bordo di una delle navi oggetto di investigazioni”. Ma ha aggiunto che “in ogni caso, nella informativa riepilogativa dell’intera indagine depositata nello scorso mese di giugno non c’è alcuna traccia delle trascrizioni delle intercettazioni della giornalista e non c’è alcun riferimento ad altri giornalisti”.
Quindi “non verrà utilizzata nel procedimento alcuna intercettazione della giornalista”, che nell’informativa depositata a giugno dalla Polizia giudiziaria, cioè dallo Sco, dalla Squadra mobile e dalla Capitaneria di porto, “è riportata indirettamente, perché ci sono altri soggetti intercettati in cui parlano di lei“. Lei è stata intercettata “in occasione di una sua escussione a sommarie informazioni. In quell’occasione, mi dice ancora la Squadra mobile, lei diede peraltro una grossa mano all’inchiesta, ma non è mai stata né indiziata né indagata. Nel brogliaccio di ascolto che fa la Polizia giudiziaria viene di solito indicato il giorno e l’ora di una conversazione ed il soggetto con cui il soggetto intercettato sta parlando. E in quel brogliaccio sarà capitata anche la conversazione con la sua legale“. Nel 2017 il pm di allora Andrea Tarondo, chiese al gip del Tribunale di Trapani di autorizzare le intercettazioni. E il gip le concesse. Ma perché intercettare una giornalista? Il Procuratore è d’accordo su quanto fatto dal pm quando lui ancora non era a capo della Procura? “Su questo preferisco non rispondere“. Quanto al fatto che “nessun altro giornalista sia stato oggetto di intercettazioni”, questo ovviamente non esclude che siano stati ascoltati mentre parlavano con persone intercettate.
Sulla vicenda chiedono chiarezza anche Odg e Fnsi. “Siamo di fronte allo sfregio del segreto professionale”, denuncia il presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna, che annuncia un appello al capo dello Stato nella sua veste di “supremo garante della Costituzione” e di presidente del Csm, visto che è in gioco la stessa “qualità della democrazia”. La Federazione della stampa ha chiesto chiarimenti sull’intera vicenda e su un particolare “inquietante” : la trascrizione di brani di colloqui relativi alle indagini su Giulio Regeni.