L’abitazione in cui arrivava la posta di Provenzano mentre era latitante, con magazzino annesso, poi pascoli e vigneti tra Corleone e Monreale, tutto del valore di un milione e mezzo. Sono questi i beni adesso confiscati a Calogero Lo Bue, considerato il “postino” di Binnu U Tratturi, colui cioè che fu tra i personaggi chiave della latitanza di Bernardo Provenzano, condannato nel 2007 a 8 anni di reclusione per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Corleone. Calogero è il fratello di Rosario Lo Bue, arrestato nell’operazione dei carabinieri Grande Passo 3, considerato capo mandamento di Corleone dopo l’arresto di Provenzano nel covo di Montagna dei Cavalli l’11 aprile 2006. Fu Rosario, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, a prendere le redini della famiglia di Corleone dopo la fine della latitanza di Ziu Binnu.
Una confisca decisa dai giudici dalla prima sezione penale misure di prevenzione del Tribunale di Palermo: Raffele Malizia, Luigi Petrucci e Erika Di Carlo. Ancora un colpo, dunque, al patrimonio di esponenti della “famiglia di Corleone”, ovvero di quel nucleo mafioso che negli anni ’80 a Corleone prese le redini della mafia siciliana e ne determinò la svolta sanguinaria, con l’avvento di Totò Riina. A distanza di decenni, oggi arriva ancora una confisca, come esito di una complessa attività investigativa dei Carabinieri di Corleone e del Raggruppamento operativo speciale che, dopo aver depotenziato il vertice e gli assetti del mandamento di Corleone con le operazioni “Patria”, All Stars” e “Grande Passo”, a suon di sequestri di beni a carico dei locali capi mafia, ha consentito di tracciare il patrimonio illecito occulto riconducibile a Lo Bue, il tutto sotto la guida dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.
Un colpo – in primo grado – a quel patrimonio che consentiva alla moglie prelievi di 100 mila euro nel solo mese di ottobre del 2009, a conferma di una significativa disponibilità di denaro non giustificata dai redditi dichiarati dalla famiglia.
Il patrimonio di Lo Bue era stato già oggetto di provvedimenti negli anni passati, poi non confermati: nel 2003, infatti, in appello cadde la confisca perché non era stata confermata la pericolosità sociale di Lo Bue. Adesso arriva la confisca di primo grado per la stessa abitazione, la sua pericolosità sociale è poi stata accertata fino al 2019. E così torna sotto confisca l’abitazione, per metà già confiscata al fratello, e in cui vivono pure i figli. La stessa che aveva acquistato nel 1988 in comproprietà con Rosario e che era l’indirizzo di Provenzano mentre era latitante. Mentre i giudici hanno revocato il sequestro dell’impresa agricola intestata alla moglie, un’azienda di coltivazione di cereale costituita nel maggio del 2017, per percepire contributi Agea e che era stata gestita dopo il sequestro del 2019. E sono in tutto 28 i terreni passati adesso a confisca, di cui 23 intestati al genero Nunzio Labruzzo, marito della figlia Vincenza.