“Ovviamente non obbedirò quando mi si dice che non sono autorizzato a uscire, a twittare, a comunicare con le persone e che mi è permesso solo vedere la mia famiglia”. A 24 ore dall’arresto, il principe Hamza (nella foto con la moglie Noor, 2004), accusato di complotto contro il fratellastro, il re della Giordania Abdallah II, in una registrazione su Twitter fa sapere che non obbedirà agli ordini del capo di Stato maggiore, il generale Youssef Huneiti, “in quanto esse sono del tutto inconcepibili“. Si tratta di limitazioni che le autorità vogliono imporgli visto che su di lui pende l’accusa di avere cospirato con elementi stranieri per “destabilizzare il Paese”, minacciando la sicurezza nazionale. Sempre su Twitter, però, il principe dichiara di non volere “fare alcunché che possa creare una escalation“. In serata è arrivato il commento dello stesso re Abdallah II che ha deciso “di affrontare la questione del principe Hamzah bin Hussein nell’ambito della famiglia hashemita” affidando questo incarico a suo zio, Hassan bin Talal. Il principe Hamzah ha “confermato di aderire all’approccio della famiglia hashemita e al percorso” individuato dal sovrano. Una strategia che sembra andare bene anche al fratellastro che ha assicurato di “restare fedele” al re: “Resterò fedele all’eredità dei miei antenati, a Sua Maest e al suo principe ereditario e mi metterò a loro disposizione”.

Gli arresti che ieri le autorità hanno eseguito – inizialmente si parlava di 20, poi è stato confermato che le persone fermate sono 18 – hanno provocato grande preoccupazione, anche a Bruxelles. “L’Unione europea segue da vicino i recenti eventi in Giordania. L’Ue e la Giordania hanno una partnership forte e solida. Continueremo a supportare la Giordania e il suo popolo. L’Ue sostiene pienamente il re Abdallah II e il suo ruolo di moderazione nella regione”, ha dichiarato la portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Nabila Massrali, su Twitter.

Il “complotto” sventato – Il governo ha dichiarato che l’intelligence ha “sventato un complotto” dopo che è stato chiaro che i responsabili stavano “passando dalla pianificazione all’azione“. Almeno 18 gli arrestati, secondo il ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi. Poche ore prima, Bbc aveva diffuso un video trasmesso dallo stesso Hamza, che denunciava di essere stato messo agli arresti domiciliari nel suo palazzo. Mentre aleggia, non pronunciata, la parola “golpe”, il principe ha raccontato che ieri i militari si sono presentati alla sua casa intimandogli di non uscire, comunicare con l’esterno o incontrare alcuno. Ha aggiunto che i suoi servizi telefonici e internet sono stati tagliati, e che presto lo sarebbe stato anche quello satellitare con cui stava registrando il messaggio.

Hamza ha parlato di una punizione per la sua partecipazione a incontri dove il re è stato criticato. Non ha citato Abdallah, ma ha detto che il “sistema di potere” ha deciso che “interessi personali, finanziari e corruzione sono più importanti di vita, dignità e futuro di 10 milioni di abitanti”. E ha aggiunto: “Non rientro in nessuna cospirazione, organizzazione nefasta o gruppo appoggiato dall’estero, come viene sempre detto qui per chiunque dica cose critiche”. Due gli alti ufficiali vicini al principe che sono stati arrestati, oltre ad altre 14-16 persone.

Safadi ha citato tra loro Bassem Ibrahim Awadallah, funzionario con legami in vari Paesi del Golfo persico, che stava pianificando di lasciare il Paese con la moglie. “C’è un coordinamento tra lui e il principe, ma non andrò oltre”, ha detto. Quando gli è stato domandato se Hamza sarà incriminato, ha risposto che per il momento ci sono tentativi “amichevoli” di gestire la situazione, ma “la stabilità del regno trascende” ogni cosa. La regina Noor, madre di Hamza, ha twittato in suo appoggio: “Prego che verità e giustizia abbiano la meglio per tutte le vittime innocenti di questa malvagia calunnia. Dio li benedica e tenga al sicuro”.

Hamza era stato privato nel 2004 del titolo di principe ereditario da re Abdallah, cinque anni dopo che questi era diventato dopo la morte del loro padre, re Hussein. È raro che ‘faide’ familiari esplodano così pubblicamente nella monarchia. Nel frattempo, vari Paesi si sono affrettati ad esprimere sostegno al re. Tra loro il dipartimento di Stato statunitense, parlando di lui come di “partner chiave”. Appoggio ad Abdallah è arrivato anche da Arabia Saudita, Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Israele. La stabilità in Giordania è da tempo sotto osservazione nella regione, soprattutto da quando l’amministrazione Trump si era schierata con forza con Israele, mettendo all’angolo i palestinesi. La Giordania è custode dei luoghi sacri a Gerusalemme e ospita una vasta popolazione di rifugiati palestinesi. E dopo la pace del 1994, tra Israele e Giordania in anni recenti ci sono stati momenti di tensione, proprio in relazione alla questione palestinese.

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