Il responsabile vaccini dell'Ema conferma al Messaggero che "c'è un collegamento" tra il siero e gli eventi avversi rarissimi accertati in alcuni Paesi Ue, riguardanti soprattutto donne under 50. Assicura che il rapporto rischi-benefici resta "sempre a favore del vaccino", anche se andrà rivalutato proprio per le donne giovani. Sileri: "È possibile che l'Agenzia Ue indichi che per una determinata categoria è meglio non utilizzarlo". Oggi riunione Aifa-ministero
Il rapporto rischi-benefici di Astrazeneca resta “a favore del vaccino”, ma ora è “sempre più difficile affermare” che non ci sia un “rapporto di causa ed effetto tra la vaccinazione” e “casi molto rari di coaguli del sangue insoliti associati a un basso numero di piastrine“. A poco più di 24 ore dal nuovo pronunciamento dell’Agenzia europea del farmaco sul siero della casa anglo-svedese – atteso per mercoledì, come fa sapere la commissaria Ue alla Salute Stella Kyriakides – il responsabile vaccini dell’Ema Marco Cavaleri conferma al Messaggero quali sono le conclusioni preliminari a cui gli esperti sono giunti dopo settimane di indagini sugli episodi di eventi avversi accertati in diversi Paesi Ue: “C’è un’associazione con il vaccino. Cosa causi questa reazione, però, ancora non lo sappiamo”. La situazione sarà analizzata già in giornata dai tecnici dell’Agenzia italiana del farmaco e il ministero della Salute per valutare eventuali nuove indicazioni sull’utilizzo del siero Oxford-Astrazeneca nel nostro Paese. Per la decisione finale, l’Ansa fa sapere che si attenderà il pronunciamento dell’Ema, previsto entro giovedì, anche se un’anticipazione arriva dal sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri: “È possibile, per maggiore precauzione, che l’Agenzia europea dei medicinali indichi che per una determinata categoria è meglio non utilizzare il vaccino anti-Covid di AstraZeneca”, ha detto a Radio24, precisando che “questo è successo anche per tanti altri famaci” e che nel caso di AstraZeneca il vaccino è stato utilizzato “in un numero estremamente alto di soggetti, mentre gli eventi trombotici rari segnalati sono pochissimi“.
Cavaleri conferma infatti dovranno essere fatte ulteriori valutazioni sulle “varie fasce d’età”. Le giovani donne, ad esempio, “spesso protagoniste dei casi di trombosi, patiscono meno l’effetto del Covid, dovremo valutare dunque il rapporto rischi-benefici per loro“. Non dimenticando, aggiunge, che “anche le giovani donne finiscono in terapia intensiva per Covid. Dunque servirà un lavoro molto meticoloso”. Al momento gli eventi avversi sono stati accertati soprattutto in under 50, ma l’esperto fa sapere che “ci sono stati casi anche tra i 50 e i 60 e ci sono anche uomini, circa il 20%. Età media attorno ai 45-47 anni“. Segnalazioni sono arrivate dai principali Paesi europei, ma grande attenzione è stata posta soprattutto ai dati del Regno Unito, dove su 20 milioni di vaccinati sono stati riportati pochissimi eventi di questo tipo. L’agenzia britannica del farmaco (Mhra), che finora ha sempre negato l’esistenza di un nesso causale tra il vaccino e le trombosi rare, ora starebbe prendendo in considerazione la proposta di limitare l’utilizzo del siero Oxford-AstraZeneca per i più giovani. Lo riferisce l’emittente televisiva britannica Channel 4 citando fonti informate. “Due fonti ci hanno riferito che, sebbene i dati non siano ancora chiari, ci sono crescenti argomentazioni che giustificherebbero offrire alle fasce di età più giovane, under 30 almeno, un vaccino differente”. Il chief executive di Mhra, June Raine ha intanto affermato che nessuna decisione è stata ancora presa, scrive il Guardian.
Cosa succederà adesso? “Nelle prossime ore diremo che il collegamento c’è“, chiarisce il responsabile vaccini dell’Ema al quotidiano romano, ma “come questo avviene però dobbiamo ancora capirlo. Il nostro percorso di valutazione è ben lontano dall’essere concluso”. Bisogna studiare se ad esempio c’entri qualcosa il vettore virale (“questo implicherebbe la valutazione di altri vaccini di quel tipo”, avverte), ma resta il fatto che “tra i vaccinati c’è un numero di casi di trombosi cerebrali con carenza piastrinica tra persone giovani superiore a quello che ci aspetteremmo. Questo lo dovremo dire”. In settimana, continua Cavaleri, “inizieremo a dare delle definizioni preliminari, ma difficilmente arriveremo a indicare dei limiti di età come hanno fatto vari Paesi”. Insomma, potrebbe servire più tempo. Il motivo? “Noi siamo un’agenzia regolatoria e dobbiamo avere dati molto precisi sul rapporto rischio-benefici”. Perché allora ci sono disparità tra Paesi come la Norvegia e la Francia, che hanno fermato Astrazeneca per gli under 60, e altri (Italia compresa) che non hanno introdotto limiti? “Sarebbe preferibile che vi fosse una posizione univoca a livello europeo”, conclude l’esperto, “ma non è semplice, soprattutto non dimentichiamo che il peso del Covid è differente nei vari Paesi: in Italia muoiono ancora 500 persone al giorno, in Norvegia quasi nessuno. Questi fattori giustificano approcci differenti“.
Un’indicazione sulla linea che potrebbe essere adottata in Italia la fornisce il rappresentante italiano nel Comitato approvazione farmaci dell’Ema, Armando Genazzani. “AstraZeneca riserva tante sorprese: come dimostra l’esperienza inglese è più efficace del previsto, ma ha un rarissimo effetto collaterale sulle donne”, spiega a La Stampa l’esperto, che insegna farmacologia all’Università del Piemonte orientale. “L’ideale sarebbe escludere le donne under 55″. Una linea dura su cui Pier Mannuccio Mannucci, ematologo del Policlinico di Milano scelto dall’Aifa tra gli esperti di coagulazione, non è d’accordo: “Le trombosi venose cerebrali post vaccino sono state osservate anche in persone sopra i 60 anni, non capisco la ragione per cui bisognerebbe prevedere un limite”, dice al Corriere. “I benefici di Astrazeneca superano di gran lunga i rischi. Il Covid è un pericolo infinitamente superiore“. Sempre al quotidiano di via Solferino ha parlato il direttore scientifico dell’Humanitas di Milano, Alberto Mantovani, ricordando che bisogna capire la dinamica degli eventi avversi per capire come curarli. E su questo c’è già una pista da seguire individuata dagli esperti tedeschi: “I casi gravi di trombosi osservati in relazione al vaccino potrebbero essere forse causati, secondo una recente pubblicazione, dalla formazione di autoanticorpi, come succede, in rarissimi casi, durante trattamenti con eparina: una condizione definita Vipt (Vaccine induced prothrombotic immune thrombocytopenia). Se confermata, l’osservazione potrebbe guidare la diagnosi e la terapia di questi, pur molto rari, eventi avversi”.