La formazione conservatrice Gerb è passata dal 33% del 2017 al 26% dell'ultimo voto, anche a causa delle diffuse accuse di corruzione e l'ascesa del partito populista 'C'è un popolo come questo' che ha ottenuto il 18% dei consensi. Nessuna delle formazioni che hanno superato la soglia di sbarramento si è detta disponibile a entrare in una coalizione col premier uscente
Una riconferma dal sapore amaro. Il partito Gerb del premier bulgaro, Boyko Borissov, si è affermato come prima formazione del Paese per la quinta volta consecutiva. Ma se nelle passate elezioni era sempre riuscito a formare una maggioranza che gli permettesse di salire al governo, questa volta per il partito conservatore si parla si “missione impossibile”. Questo perché ha perso ben 7 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2017, passando dal 33% al 26% dei consensi.
L’atteggiamento del premier uscente lascia trapelare le difficoltà che si trova ad affrontare: né durante la campagna elettorale né ieri, per commentare il voto, Borissov si è presentato di persona in pubblico. Dopo gli exit poll, è apparso in un breve videomessaggio su Facebook nel quale ha lanciato un appello a tutte le forze politiche nel nuovo Parlamento a impegnarsi per la formazione di un governo di esperti. “Si assumano la responsabilità per poter andare avanti”, ha detto. Evidentemente Borissov, al governo da quasi dieci anni, si è reso conto di essere praticamente in scacco matto. Almeno per ora, tutte le altre formazioni politiche che hanno superato lo sbarramento del 4% escludono una coalizione con il Gerb.
A cominciare dalla new entry, il partito populista C’è un popolo come questo dello showman televisivo Slavi Trifonov che sorprendentemente si colloca al secondo posto con quasi il 18% dei voti. Una formazione che indubbiamente ha raccolto il voto di protesta dei bulgari, insofferenti per la corruzione dilagante e i metodi ritenuti “mafiosi” di Borissov nel governare il Paese. Per mesi lo scorso anno migliaia di persone hanno contestato il governo con manifestazioni nella capitale Sofia e in altre città.
Anche Trifonov non è mai apparso di persona in pubblico durante la campagna elettorale, conducendola esclusivamente sul suo canale 7/8 Tv. Ieri sera, dopo i primi exit poll che davano conto del suo successo, si è limitato a dire con un breve messaggio, sempre su Facebook, che “teme di essere malato di Covid” e che con il voto “la gente ha ottenuto quello che voleva”.
Il partito socialista Bsp, principale e tradizionale avversario del Gerb, ha raccolto solo il 15% dei voti, un minimo storico, tanto da provocare le dimissioni in blocco della direzione, eccetto la presidente del partito Kornelia Ninova. “Rimango al mio posto – ha dichiarato – perché ci aspettano giorni estremamente importanti e il partito non può essere lasciato alla deriva”.
Altre tre formazioni entrano nel parlamento di Sofia: il partito della minoranza turca Dps dato al 9,98%, il partito Bulgaria democratica (destra) indicato al 9,54% e il partito In piedi dell’ex difensore civico Maya Manolova (indipendente) che ottiene il 4,81%. La formazione di un nuovo governo resta un autentico rebus. È da escludere una larga coalizione sul modello tedesco e del governo di Angela Merkel. Da escludere, almeno per adesso, anche un governo di minoranza o di esperti. Rimane l’opzione dei compromessi da parte delle formazioni parlamentari che però creerebbero delusioni tra gli elettori. Come soluzioni estreme restano nuove elezioni o un governo tecnico di transizione nominato dal presidente Rumen Radev che, in definitiva, è uscito rafforzato dal voto. Radev, grande avversario della linea politica del premier Borissov, si era infatti schierato al fianco dei manifestanti antigovernativi nei mesi scorsi.