Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, nel quale lavoro ormai da oltre 37 anni, costituisce com’è noto il principale ente pubblico di ricerca italiano. Nonostante finanziamenti insufficienti e attenzione non sempre adeguata da parte della classe politica, il Cnr è attivo in praticamente tutte le branche del sapere e ha ottenuto, nel corso dei suoi ormai quasi cento anni di vita, risultati più che lusinghieri. Il fatto di essere assoggettato a una classe politica che non è mai stata eccellente ma è peggiorata in modo sempre più sconfortante negli ultimi decenni, fino all’attuale governo dei sedicenti migliori, rappresenta tuttavia una pesante ipoteca sulla produttività scientifica del maggiore ente di ricerca italiano, che potrebbe, se adeguatamente sostenuto in termini di finanziamenti e lasciato libero di auto-organizzarsi, conseguire successi ancora maggiori.
La pandemia ha evidenziato l’urgente necessità di disporre di scienziati autorevoli e liberi, in grado di orientare le scelte sociali e anche i comportamenti individuali. E di finanziarne adeguatamente le attività, per poter disporre, tanto per fare un esempio, di quei vaccini che siamo costretti a elemosinare e pagare a caro prezzo a multinazionali per nulla sensibili al bene pubblico ma animate solo da sfrenate e antisociali voluttà di profitto. Identica esigenza nasce dalle sfide poste dal degrado ambientale, dal cambiamento climatico a molti altri aspetti. Anziché constatare un rapporto sinergico e proficuo tra buona scienza e buona politica abbiamo assistito, specie da un anno a questa parte, sempre più sgomenti e sbigottiti, al fenomeno opposto. La smania di protagonismo dei politicanti più mediocri sembra aver contagiato anche taluni scienziati, le cui baruffe chiozzotte sono purtroppo imperversate sui media, di fronte un’opinione pubblica sconcertata e disorientata. E non solo per colpa degli aspetti oggettivamente problematici e incogniti delle nuove pandemie in corso.
La scienza italiana, ricca di tradizioni importanti, è oggi umiliata dalla politica e sotto botta, e non riesce pertanto a dare al Paese il contributo che pure potrebbe dare se fosse messa in condizioni più propizie. Il tema del mancato autogoverno del Cnr è al riguardo più che significativo. Mentre altri enti minori contano da qualche tempo su organismi dirigenti che sono in misura crescente espressione della propria comunità scientifica, nel Cnr si è riusciti solamente, e solo pochi anni fa, ad ottenere che uno, e solo uno, dei cinque componenti del Consiglio di amministrazione fosse scelto dal personale.
L’autogoverno è necessario e urgente per consentire invece alle potenzialità della scienza e della ricerca di realizzarsi pienamente, a stretto contatto colle esigenze sociali, soprattutto nell’attuale momento di crisi e di sconcerto. Sono necessari rivolgimenti epocali per uscire dal vicolo cieco dell’ancien régime che ci sta portando allo sfascio totale, e solo una scienza autonoma ed autogovernata può contribuire a questo scopo fondamentale.
Anche la gestione dei cospicui fondi in arrivo per il programma europeo Next generation EU avviene sotto l’egida di una classe politica attenta solo ai propri interessi e che, anziché valorizzare le strutture esistenti, rischia di dedicarsi a far proliferare, come in altre occasioni anche recenti, nuovi centri di spesa e di attività da cui evidentemente è convinta di poter trarre un maggiore giovamento nei tempi brevissimi che le sono propri, con tanti saluti alle generazioni future. Mentre si protrae da tempo, con ritardi inspiegabili, la procedura di nomina del nuovo presidente. Una situazione intollerabile di fronte alla quale i ricercatori e le ricercatrici dell’ente stanno insorgendo per chiedere sia finalmente attuato l’autogoverno. In questo senso la petizione che ha già raccolto oltre tremila firme.
E’ interesse comune che il nuovo (o la nuova) presidente del Cnr non sia personaggio subalterno alla politica partitica. Per questo motivo, pur consapevole dei suoi limiti, ma per nulla timoroso di fronte alle responsabilità, il sottoscritto ha avanzato la sua candidatura. E non ritengo di essere stato il solo. Non si tratta ovviamente di improbabili carriere individuali, ma di far avanzare l’interesse collettivo, della comunità scientifica e del Paese nel suo complesso, a un Cnr prospero, solido ed autogovernato. Sono molte, in questo senso, le professionalità che possono essere valorizzate nell’ottica dell’autonomia.