Il presidente del Consiglio, insieme al suo omologo Abdel Hamid Mohamed Dbeibeh, ha sottolineato che la creazione del nuovo governo di unità nazionale rappresenta "un momento unico per la Libia". Ma per recuperare l'accordo bilaterale del 2008, come auspicato dal nuovo premier Abdel Hamid Mohamed Dbeibeh, è necessario "che il cessate il fuoco continui"
Si deve ripartire dall’accordo di amicizia del 2008, quando al potere del Paese nordafricano c’era ancora Mu’ammar Gheddafi, per ricostruire una forte alleanza tra Roma e Tripoli e sperare in una rapida rinascita e crescita della Libia che riporti l’Italia a essere, come all’epoca del Rais, uno degli attori con la maggiore influenza nel Paese nordafricano. Un accordo possibile grazie alla nascita del nuovo governo di unità nazionale guidato dal premier Abdel Hamid Mohamed Dbeibeh e che deve rilanciare i rapporti commerciali, ma anche quelli in ambito sanitario, migratorio e della sicurezza. Punta a questo la nuova era dei rapporti italo-libici inaugurata dalla visita del presidente del Consiglio, Mario Draghi, a Tripoli, nel suo primo viaggio internazionale come capo del governo. Con il premier italiano che si congratula anche per l’attività della Guardia Costiera libica: “Soddisfazione per quel che la Libia fa nei salvataggi”.
“Penso che la questione più importante sia la riattivazione dell’accordo firmato nel 2008 per la Libia in tutti i suoi aspetti – ha voluto sottolineare Dbeibeh – Per rafforzare lo scambio economico e commerciale tra i due Paesi si auspica di poter riaprire lo spazio aereo libico, riattivare l’accordo delle dogane oltre a facilitare le procedure dei visti a favore dei libici aumentando il numero di quelli rilasciati specialmente a studenti, uomini d’affari, malati, oltre a facilitare le procedure della comunità libica in Italia anche per quanto riguarda banche e residenza. Questo può essere un segnale di buone intenzioni verso di noi”. Tanto che da Tripoli auspicano “una riunione veloce della commissione economica congiunta e ho concordato con il presidente Draghi di tenerla il prima possibile”.
La volontà di sfruttare il momento storico che appare favorevole a una pacificazione anche sul terreno viene più volte rimarcata da i due premier. La presa di coscienza da parte del generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, che una fine del conflitto sia possibile solo con un accordo politico e non con una mossa militare ha frenato le ambizioni di conquista dell’uomo forte di Bengasi. Inoltre, la creazione di un nuovo governo, condiviso dalla maggior parte degli attori in campo, risarcisce la spaccatura formata dall’instaurazione dell’ex esecutivo tripolino guidato da Fayez al-Sarraj, che molti gruppi locali avevano visto come un’imposizione e che più volte hanno tentato di sconfiggere. Oggi, con le elezioni fissate per dicembre e con l’apparente disponibilità dei principali attori impegnati nella lotta di potere scatenatasi già dal 2011, anche Draghi è concorde sul fatto che questo “è un momento unico per la Libia, c’è un governo di unità nazionale legittimato dal Parlamento che sta procedendo alla riconciliazione nazionale. Il momento è unico per ricostruire quella che è stata un’antica amicizia”.
Ma per far sì che queste aspirazioni possano diventare realtà è necessario partire dallo stop alle ostilità: “Un requisito essenziale per procedere con la collaborazione è che il cessate il fuoco continui”, ha aggiunto Draghi spiegando che questa è la condizione sine qua non per pensare di “riportare l’interscambio economico e culturale ai livelli di 5-6 anni fa”.
La partenza, secondo Draghi, è stata comunque positiva, in attesa di conoscere i futuri sviluppi sull’asse Roma-Tripoli: “È stato un incontro straordinariamente soddisfacente. Abbiamo parlato della cooperazione in campo infrastrutturale, energetico, sanitario e culturale. L’Italia aumenterà le borse di studio per gli studenti libici e l’attività dell’Istituto di Cultura italiano. Si vuole fare di questa partnership una guida per il futuro nel rispetto della piena sovranità libica”, ha detto prima di introdurre anche il tema dell’immigrazione sul quale si è spinto a fare i complimenti alla Libia per i “salvataggi in mare”, uscita che gli è già costata alcune critiche visti i numerosi episodi di violenza da parte della Guardia Costiera di Tripoli e in special modo all’interno dei centri di reclusione dove i naufraghi vengono sistematicamente riportati e dove si continuano a registrare episodi di tortura e uccisioni. “Sull’immigrazione c’è soddisfazione per quel che la Libia fa nei salvataggi e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia. Ma il problema non è solo geopolitico ma anche umanitario, da questo punto di vista l’Italia è uno dei pochi Paesi, forse l’unico, che continua a mantenere attivi i corridoi sanitari. Il problema dell’immigrazione per la Libia – ha proseguito il presidente del Consiglio – non nasce solo sulle coste libiche ma si sviluppa sui confini meridionali della Libia e c’è un dialogo per aiutare il governo libico anche in quella sede. Terrorismo, crimine organizzato e traffico di esseri umani sono questioni comuni tra di noi che dobbiamo risolvere insieme, lavorare insieme per trovare meccanismi pacifici”. Il primo a rispondere è stato il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni: “Draghi esprime soddisfazione per il lavoro della Libia sui salvataggi? Evidentemente gli sfugge la differenza tra salvataggio e cattura. In Libia i migranti vivono in condizioni inumane e atroci, come confermato da tutte le organizzazioni internazionali. Esprimere soddisfazione per il lavoro della Libia su questo fronte mi pare francamente inaccettabile“.
Negli ultimi anni di conflitto, sul terreno si sono imposti due Paesi che, tradizionalmente, non hanno mai avuto un primo piano nello scacchiere libico. Da una parte, a sostegno del generale Haftar, la Russia di Vladimir Putin, dall’altra la Turchia che ha inviato suoi uomini per dare sostegno militare al Governo di Accordo Nazionale di al-Sarraj, riuscendo a mettere in secondo piano il ruolo esercitato fino ad allora dall’Italia. Ma, come ha ricordato lo stesso Dbeibeh, l’Italia “è uno dei pochi Paesi che ha continuato a mantenere un rapporto e ha mantenuto l’ambasciata aperta a Tripoli anche in un periodo molto difficile” e la Libia ha un grande “interesse alla collaborazione strategica”.
Una collaborazione che dovrà continuare anche e soprattutto nel settore energetico, visto l’importante ruolo giocato da Eni nel Paese: “Prevediamo un aumento di collaborazione dell’Italia nel settore elettricità ed energia – ha infatti sottolineato Dbeibeh – Era già previsto nell’accordo di amicizia, abbiamo avuto contatti con l’Eni in questo senso. L’Eni è molto importante nella collaborazione con la Libia per elettricità ed energia. La Libia auspica di sfruttare i suoi investimenti in Italia e risolvere tutti i problemi sospesi in questo settore per andare avanti nello sviluppo delle relazioni tra i due Paesi”.